Beck - MODERN GUILT - la recensione

Recensione del 22 lug 2008 a cura di Gianni Sibilla

Un uomo a metà, diviso tra presente e passato, tra mainstream e indipendente: ecco il Beck del 2008, che non è poi così diverso da quello che già conosciamo, eppure riesce a catturarci ancora.

Il suo nuovo disco è di quelli che chiudono un'era e ne iniziano una nuova: “Modern guilt” in America è l'ultimo del contratto con la major Universal, mentre in Europa esce già da indipendente, per l'etichetta dei White Stripes, la XL Recordings. In fin dei conti, Beck è sempre stato una via di mezzo tra uno spirito libero e uno che azzecca hit da classifica, quasi per caso.
Allo stesso modo, musicalmente, “Modern guilt” stupisce senza stupire: è un disco in cui il Nostro fa quello che sa fare. Forse lo fa meglio del solito, se possibile, anche grazie all'aiuto in produzione di Danger Mouse (Gnarls Barkley). “Modern guilt”, infatti è una sorta di disco a tema sul rock retrò, fine '60s/inizio 70's, attualizzato con beat moderni: un gioco che è il suo marchio di fabbrica – quello di mischiare suoni sintetici e naturali – che nelle 10 canzoni di questo album è orientato verso un genere preciso, senza troppe dispersioni come ogni tanto capitava nei dischi passati.
E, soprattutto, un gioco che gli riesce particolarmente bene: sentite la title track, dove il ritmo di un piano e di una chitarra si sovrappone ad un beat elettronico semplice, su cui poi si innestano voce ed archi. E' forse il pezzo migliore del disco, ma anche gli altri non scherzano.

Insomma, non aspettatevi rivoluzioni da questo artista – le ha già fatte in passato – né tantomeno da questo album. Aspettatevi, quello sì, un signor disco, se possibile ancora migliore di “The information”: è più compatto, più omogeneo; suona immediatamente riconoscibile, senza essere troppo uguale alle (ottime) cose fatte in passato. Ormai Beck è un artista che ha dimostrato quel che doveva dimostrare, e che si avvia in una fase di (piacevole) rilassatezza musicale: ha probabilmente ha passato il climax della sua carriera, ma ha anche capito qual è la sua identità sonora, e la sa sfruttrare al meglio, senza allontanarsene troppo ma neanche senza starle troppo appiccicato. Se anche i prossimi dischi – quando Beck sarà totalmente indipendente – riusciranno a mantenere ol livello di “Modern guilt”, non ci sarà di che lamentarsi.

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