La vera sorpresa non è neanche che i Sigur Ros pubblicano un nuovo disco senza quasi annunciarlo, a pochi mesi da “Hvarf/Heim” (che però non era un lavoro inedito). La vera sorpresa è che i Sigur Ros hanno deciso di portare la loro magia verso nuove sonorità. Qualcuno ha anticipato che questo è un disco più pop. No, è solo un po' più allegro e fricchettone, come i ragazzi che corrono nudi sulla copertina: i ritmi sono più sostenuti (ma non sempre, perché non mancano i brani ultra dilatati come “Festival”, o “Ara batur”), l'impasto sempre avvolgente, ma più diretto, come nel singolo “Gobbledigook”. Un disco che definire pop è eccessivo, ma è siucuramente meno autunnale e più estivo: della bella stagione, più che ritmi da spiaggia, ha quella piacevole indolenza rilassata di una giornata passata all'aperto.
Li si ama o li si odia, i Sigur Ros. Ma è fuori dubbio che se vi mettete a ragionare sugli artisti che negli ultimi anni hanno prodotto musica davvero originale, che non assomigli a questo o a quello, il loro nome è uno dei primi a venire fuori. Questo album dall'impronunciabile titolo ("Með suð í eyrum við spilum endalaust" in italiano significa "Con un ronzio nelle orecchie suoniamo all’infinito") è sicuramente un passo in avanti per questa band, che non smette di provare a trovare nuove soluzioni per una musica originale.