Glen Hansard - ONCE - MUSIC FROM THE MOTION PICTURE - la recensione

Recensione del 25 feb 2008 a cura di Gianni Sibilla

Di Glen Hansard e dei Frames, nell'ultimo anno e mezzo, vi abbiamo parlato parecchio su Rockol. Ve ne parliamo ancora perché questo film di cui è protagonista sta diventando un piccolo grande caso in America. Scritto e diretto da John Carney (ex dei Frames, guarda caso), “Once” è la storia di un “busker” di Dublino che incontra un'immigrata dell'est. Entrambi sono appassionati di musica, e finiranno a farla insieme, intrecciando le loro storie sentimentali. “Once” è stato presentato al Sundance Festival all'inizio del 2007 e da allora sta conquistando pubblico e critica, poco per volta. Si è recentemente preso pure due nomination ai Grammy proprio per questa colonna sonora, e questa notte ha pure ha pure vinto l'Oscar per la miglior canzone originale, "Falling Slowly".

Le canzoni contenute nel film sono più o meno le stesse del disco “The swell season” (vedi recensioni), prova solista di Hansard insieme a Marketa Irglova (che è la protagonista femminile del film), e infatti il duo sta girando in tour sotto questo pseudonimo.
Il disco e il film non hanno ancora una data di uscita italiana, ma non dubitiamo che l'avranno presto. Trovate facilmente materiale su di loro in rete (Il film è già stato pubblicato su DVD in Inghilterra) e ne vale la pena. Se avete già “The swell season”, non c'è gran motivo di prendere questa colonna sonora, perché le differenze sono minime, appunto: un paio di canzoni in più. Per gli altri, vale la pena recuperarsi o l'uno o l'altro disco: troverete un cantautorato minimale ed epico, stile Damien Rice per intenderci (anche se Hansard è in pista da molto più tempo del conterraneo, di cui è stato per certi versi un mentore).
Il film in sé è carino: molto semplice, pure troppo con il suo stile “indipendente” e con i suoi mezzi tecnici ridotti: ma mette in scena piacevolmente la nascita di alcune canzoni e la nascita di un bel rapporto tra due persone. Niente effetti speciali, insomma: forse è proprio la semplicità la chiave di un successo “di culto”, di cui si parlerà anche da noi.


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