Neil Young - LIVE AT FILLMORE EAST - la recensione

Recensione del 12 dic 2006 a cura di Gianni Sibilla

Tanto rumore per nulla, o quasi. Della pubblicazione di materiali dagli immensi archivi di Neil Young si favoleggia da anni, e adesso vede finalmente la luce il primo risultato concreto, questo “Live at Fillmore East”, ennesima uscita discografica del rocker canadese, la quarta in poco più di un anno (due dischi di studio, “Prairie wind” e “Living with war”, e il DVD documentario “Heart of gold").

Le voci che circolavano sull'apertura degli archivi erano le più disparate: si era parlato di un box di diversi CD, oppure della pubblicazione di dischi totalmente inediti: i fan sanno che gli archivi di materiale di Young sono sterminati, e ci si potrebbe campare di rendita. Il modello, a giudicare da questo CD, è piuttosto quello delle ultime “Bootleg series” che Bob Dylan ha ormai fatto arrivare al 7° volume: concerti inediti e materiali storici, magari già diffusi tra i fan, ma restaurati e ri-impacchettati ufficialmente.
Questo primo risultato, però, è davvero deludente, e conferma le bizzarrie di Young, uno che spesso fa di testa sua non solo andando contro le richieste della discografia (e lo si può capire) ma anche contro la logica. Il valore storico di questo documento non si discute: registrato tra il 6 e il 7 marzo 1970, testimonia il periodo di nascita dei Crazy Horse, la band che accompagnerà Young per buona parte della sua carriera. Young aveva da poco pubblicato il primo disco solista e mise insieme una vera e propria super-band: Danny Whitten (chitarrista, che morirà di overdose ispirando “Tonight's the night”), Ralph Molina (batteria), Billy Talbot (basso) e Jack Nitzsche (piano). Però di quei due concerti affiorano solo sei brani, sebbene 2 siano chilometriche e bellissime versioni di “Down by the river” e “Cowgirl in the sand”. Certo, la confezione è carina, ed è inclusa anche una versione in DVD audio con galleria fotografica e le recensioni originali del tempo. Ma poi, perchè stampare sulla copertina “Neil Young archives – performance series – disc 02”? si presume che il criterio sia quello cronologico, ma allora perchè iniziare dal volume 2?

Insomma, un bel disco, un grande concerto, ma un'operazione che avrebbe potuto essere gestita meglio, molto meglio e che così com'è suscita l'acquolina senza placare la fame. Speriamo che il resto del pasto arrivi in fretta e che sia più soddisfacente.br>

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