Ci si perdonerà questa introduzione "pubblicitaria", ma questo è quanto è successo ai Wolfmother. Un gruppo australiano dedito ad un hard rock che più retrò non si può, che pubblica un paio di demo e un disco – questo di cui qui si parla – in patria. Parte un'asta per l'acquisizione dei diritti internazionali, vinta da Universal. Inizia il “buzz” sul disco, che viene pubblicato nei paesi anglosassoni in primavera. Il suono è talmente inattuale da piacere a tutti, e i tre sanno scrivere canzoni. Una di queste, “Love train” diventa per l'appunto colonna sonora di uno spot apple (quelli con le silouette colorate): un'onore toccato in precedenza a Eminem, U2, Coldplay, Gorillaz, e a qualche nome emergente. Una certificazione, appunto.
Una volta tanto, il “buzz” è giustificato: “Wolfmother” è un signor disco di canzoni intrise di Led Zeppelin e Black Sabbath: l'urletto che apre il CD (e la sua canzone iniziale “Dimension”) proietta per l'appunto in un'altra dimensione temporale, andando a recuperare un genere lontano da quel pop-rock-new wave battuto dai tanti gruppi fighetti degli ultimi anni.
Non che i Wolfmother non lo siano, un po' fighetti. Anzi: sono talmente dediti al passato da suscitare un legittimo dubbio che sia un pò una posa. Ma sono salvati dal sapere scrivere grandi canzoni: “Love train” ha un groove che funziona alla perfezione, così come le accellerazioni di “Tales”, un vero manuale di songwriting anni '70. Tutto il disco è su questo livello, con i suoi riff, con i suoi assoli di chitarra e di flauto (sì, di flauto, cosa vi aspettavate? Sentitevi "Withcfraft"...).
Certo, il rischio plagio è sempre dietro l'angolo, in casi come questi. Ma i Wolfmother riescono quasi a fartelo dimenticare, scivolando sopra con leggerezza a tutte le citazioni. Insomma, un bel disco, a cui non chiedere molto di originale, ma un pugno di buone canzoni. Se vi piace il genere, accomodatevi.