E’ il caso di Mario Venuti. Nel 2004 si era presentato a Sanremo, e in quel caso l’effetto vetrina aveva un senso: il cantautore catanese era appena ritornato sulle scene dopo una lunga assenza, e dopo un buon successo l’estate precedente con “Veramente”. Con “Crudele” ottenne il premio della critica, ma soprattutto si fece vedere, e confermò il suo ritorno.
Venuti è tornato a Sanremo quest’anno con “Un altro posto nel mondo”, e per presentare questo nuovo disco, “Magneti” il suo quinto disco. Ce n’era bisogno? Forse no, soprattutto pensando a quella forzatura dell’inserimento nella sezione “Gruppi”. Se poi si aggiunge che ha scelto una delle canzoni più deboli del disco, ancora meno. Non fraintendiamoci: “Un altro posto nel mondo” non è un brutto brano, anzi; forse fin troppo lineare, si è perso pure nel brutto panorama di quest’anno.
“Magneti”, invece, è un bel disco, e contiene diverse canzoni migliori. Tutte le 12 tracce sono lineari. Anzi, sono canzoni “leggere”: pochi in Italia come sanno scrivere pop-rock in questo modo, unendo melodia meditteranea e suoni anglossassoni con questa piacevolezza.
Sentite l’uno-due iniziale di “E’ stato un attimo” e “Addio alle armi”, in cui la matrice “remmiana” dei catanesi – vedi Carmen Consoli – viene fuori in maniera evidente. O canzoni più “sperimentali” come il tropicalismo di “Santa Maria La Guardia” o l’elettronica in siciliano di “Sulu”.
Insomma, Venuti è uno che ci sa fare, eccome: non lo scopriamo ora, e non serviva il Festival di Sanremo per farcelo capire. Perché, ne siamo certi, “Magneti” è un disco che avrà meritatamente una sua vita indipendente dalla rassegna: nelle classifiche, sui palchi, in radio. Cosa che sempre più raramente capita ai dischi sanremesi.