La musica, soprattutto, trasuda rispetto: arrangiamenti jazz e minimali, registrati live (come dimostra la traccia video aggiuntiva: Mina che canta “Blue moon” in studio, rilassata eppure potentissima, mentre i suoi musicisti suonano come se fossero in un jazz club). Talmente minimale che Mina ha scelto un disco di riferimento, della produzione di Sinatra, forse il più bello del più bel periodo, quello Capitol: “Only the lonely”, "il" disco delle ballad di Sinatra, dal cui repertorio Mina canta quattro canzoni; ma dall’idea di quel lavoro ha levato quasi interamente gli arrangiamenti orchestrali (che furono curati dal grande Nelson Riddle), concentrandosi su piano, tastiere, contrabbasso e chitarra.
Si tradisce il proprio maestro se si rimane per sempre allievi, diceva un filosofo. E Mina, che per quanto giochi qua a sminuirsi una sua personalità ce l’ha eccome, tradisce elegantemente Sinatra (del quale, raccontano le note del disco, stava per diventare davvero la pupilla, prima di scappare inorridita dallo show-biz americano).
Il problema di questo disco, se ce n’è uno, non è l’interpretazione “tradita”, anzi. E’ semmai che la voce di Mina è limitata dal pregio maggiore (uno dei maggiori) della voce di Sinatra: la dizione. Perfetta, cristallina quella di The Voice. Ogni tanto imperfetta quella di Mina, che non è mai stata completamente a proprio agio con l’inglese. Il punto è che Sinatra, per quella dizione, risultava credibile anche quando cantava storie di cuori infranti (e lui era notoriamente uno che li spezzava malamente, più che subire). Mentre Mina gioca, si diverte (come nella bellissima “One for my baby”), ma non dà segno di vivere fino in fondo le storie che canta.
Insomma: “L’allieva” è un bellissimo disco, perfetto per questo periodo autunnale/invernale, con canzoni calde, arrangiate splendidamente: a voi il gusto di scoprirle. Non è diretto solo ai fan di Mina, e probabilmente neanche agli estimatori di Sinatra (che potrebbero obbiettare come ha fatto il sottoscritto). Forse, da un’accoppiata così ci si poteva aspettare un colpo di genio in più o, all’opposto, un’attenzione filologica ancora più dettagliata. Ma questi sono dettagli, per l’appunto, che non intaccano il valore de “L’allieva”.