Frankie Hi Nrg Mc - ERO UN AUTARCHICO - la recensione

Recensione del 05 nov 2003 a cura di Gianni Sibilla

Se in Italia non ci fosse un Frankie Hi Nrg Mc bisognerebbe inventarlo. Quando, più di dieci anni fa, Francesco Di Gesù esordì con “Verba manent” si faceva un gran parlare della “scena rap italiana”. Ora, con le parole che lo stesso Frankie ha utilizzato nella recente intervista con Rockol – (Vedi news) bisognerebbe parlare di “scena muta”. Ma per farlo, bisognerebbe stare zitti…

Frankie non sta zitto, anzi. Semmai ci mette un po’ a parlare: “Ero un autarchico” è il terzo album in 11 anni e segue di sei “La morte dei miracoli” – quello di “Quelli che benpensano”, per intenderci. Ma forse è vero che per parlare bisogna avere qualcosa da dire, piuttosto che aprire di bocca e dargli fiato, come fanno tanti musicisti. Qua di parole ce ne sono tante, ma nessuna fuori posto. Perché a differenza di colleghi “presunti rapper”, Frankie ha il dono della rima, ma anche della melodia e della musica.
Quasi funambolico nella costruzione sintattica delle frasi, “Ero un autarchico” stupisce ancora di più per come la parola è contemporaneamente significato e suono: dice qualcosa eppure costruisce una linea da seguire come se fosse uno strumento. E poi si inserisce su una struttura che è di musica vera, dove i suoni sono a loro volta significato. Per intenderci, sentite come in “Raplamento” Frankie usa la sigla di “90° minuto” per costruire un brano che parla di politica usando la metafora del calcio. O sentite il singolo “Chiedi chiedi”, invettiva contro certe figure del music business costruita su una chitarra quasi ossessiva, con un ritornello cantabilissimo costruito sulle alliterazioni (“Tu chiedi chiedi e non dare mai/ Mi domandi di dare quello che non sai, ma rimandi a domani i dividendi miei/ e rimando ti mando dove rimarrai”).

O che dire ancora di “L’inutile”, “meta-rap” che parla di se stesso, dichiarando la propria vacuità come non fanno molte canzone riempitivo di cui abbondano i dischi odierni? Intelligente e divertentissima, come i siparietti con Paola Cortellesi.
Ecco, Frankie non è uno che uno che “ha bisogno di riempire il minutaggio”, perché ogni minuto su questo disco è zeppo di idee mai banali, che quasi ti stordiscono per quante sono. Per questo bisognerebbe inventarlo, se non ci fosse; e per questo è sopravvissuto all’ondata modaiola della “scena rap italiana”: semplicemente perché è ben di più di un “rapper”, è un musicista intelligente come pochi.

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