Questa ondata è cresciuta grazie al successo planetario di gente come David Gray, e ha permesso di rispolverare forme della canzone che sembravano essere state travolte dalle tante effimere mode musicali degli anni ’80 e ’90.
Tra questi nuovi musicisti c’era anche Tom McRae, che nel ’91 ha esordito con l’album eponimo. Al tempo, recensendolo, Rockol scrisse che era un disco che faceva meno clamore di altri del genere, ma che non per questo andava sottovalutato, un disco che trovava la sua forza nella misura e nel gusto, e un nume tutelare in Nick Drake.
Ora, tutte queste considerazioni si potrebbero tranquillamente ripetere a proposito di questo ottimo secondo sforzo, “Just like blood”. Andrebbe aggiunto che McRae, nel frattempo è cresciuto parecchio. McRae continua a fare una musica cantautorale tra tradizione e avanguardia, puntando più sul primo versante ma non disdegnando soluzioni e arrangiamenti derivati dal secondo. Le sue canzoni continuano a ricordare Nick Drake per il tono sofferto, intimo e un po’ cupo. E continuano a non fare clamore. Se sentite “You only disappear”, con il suo incedere lento ma implacabile, o “Stronger than dirt”, o ancora “Karaoke soul” (bellissimo titolo) capirete che questa non è musica da emittenti radiofoniche, come lo è a volte quella di David Gray. Vi renderete conto anche che McRae non è un personaggio accattivante, buono per la copertina di qualche magazine neo-tradizionalista. Ma sa scrivere e arrangiare canzoni con un gusto che hanno pochi altri suoi contemporanei così giovani in termini di anagrafe e carriera discografica.
Ecco, questo “Just like blood” è un disco d’altri tempi: nel senso che ci mostra un giovane talento che fa il suo percorso, senza essere forzato ad esplodere cercando un hit a tutti i costi. Se saprà continuare su questa strada, se chi gli sta intorno glielo permetterà, diventerà una solida realtà nel suo genere. Ma già ora, con un disco di tal fatta, è un nome da conoscere, se vi piace questo filone.