Queste forze apparentemente contraddittorie muovono il quinto disco di studio della band cuneese. Forze che, fuor di metafora, intendono rappresentare la l'idea di una musica che, mai come ora, è secca, diretta, potente; eppure è anche decadente, carica di suoni ed immagini forti, gravi.
Complice la produzione di Rob Ellis e Head, i Marlene hanno sfornato un disco pressoché perfetto, dove tutto è al posto giusto: non una nota di troppo, non un passaggio inutile, non un suono superfluo. “Senza peso” è un disco di canzoni rock taglienti e perfette, come “Sacrosantà verità” “A fior di pelle”, “L’uscita di scena” o “Con lubricità”, incastonate tra brani più soffusi come “Ci siamo amati” o “Schiele, lei, me”. Da un punto di vista musicale, appare come un album assolutamente maturo, in cui i Marlene hanno saputo prendere ciò che ce li ha fatti apprezzare in passato, e portarlo ancora più avanti. Le canzoni, per certi versi, ricordano quelle dell’esordio di “Catartica”, ma con la ricchezza espressiva di “Che cosa vedi”: un mix pressoché assolutamente riuscito.
Anche la poetica dei testi di Cristiano Godano ha percorso la stessa strada: una poetica che sicuramente è unica nel panorama musicale italiano, fatta di immagini scure, di citazioni mai banali (Schiele, Updike…), di una costruzione della frase assolutamente personale. In “Senza peso” Godano viaggia tra personaggi che volano (come già capitava in “Lieve” e “Nuotando nell’aria”) e temi più crudi, rappresentando quella dualità di kunderiana memoria di cui si diceva prima.
Al di là di queste considerazioni, si può riassumere tutto molto semplicemente: “Senza peso” è il disco della definitiva consacrazione. E’ non è una banalità, ma una constatazione: insieme agli Afterhours di “Quello che non c’è”, i Marlene Kuntz sono la migliore Rock-band italiana, dove la “r” è volutamente maiuscola.