A dire la verità ciò che rende “Come away with me” un album che vale davvero la pena di ascoltare è il modo in cui la voce notturna e sensuale di Norah Jones si appoggia a strutture musicali semplici, mai eccessive, che pescano in ogni ramo della tradizione afroamericana. A ballate con una buona vena melodica e un impianto pianistico (lo strumento è suonato dalla stessa Jones) come “Nightingale” si alternano numeri più jazzati come l’iniziale “Don’t know why” a brani folkeggianti come “Shoot the moon” e “Lonestar” o bluesati come “Turn me on” per un disco che scorre via piacevole.
Tutto questo è merito sicuramente anche del produttore Arif Mardin, vecchia volpe che ha lavorato tanto con Aretha Franklin quanto con Carly Simon, i BeeGees o i Culture Club. Niente male per una ragazza nata nel 1979, che ha una classe vocale che più attempati colleghi e colleghe si sognano. Una ragazza oculata anche nelle scelte, soprattutto quelle della band che la accompagna: i suoi compari Lee Alexander (bassista) e Jesse Harris (chitarrista), oltre a suonare, firmano buona parte delle canzoni (11 su quattordici sono originali, la Jones ne ha scritte un paio, le altre sono opera del duo; le altre due “cover” sono “Cold cold heart” del nume tutelare del country Hank Williams e “Turn me on” di J.D. Loudermilk”). Tra gli ospiti anche Bill Frisell, chitarra in “The long day is over”.