Il 4 dicembre del 1980, a seguito della morte del batterista John Bonham avvenuta un paio di mesi prima, esattamente il 25 settembre, i Led Zeppelin ufficializzavano con una nota stampa il loro scioglimento. Tranne alcuni eccezionali eventi, che si contano sulle dita di una sola mano, quella che per molti è stata la rock band per eccellenza non si è più riunita, non è mai tornata. Deludendo (forse) moltissimi fan, ma, in questo modo, consegnando ai posteri una storia di integrità con pochi eguali. Quanto a integrità, Robert Plant, che ormai da 45 anni non è più il cantante dei Led Zeppelin, è da prendere ad esempio. Una volta chiusa la prima fortunatissima parentesi della sua epica artistica con il gruppo durata poco più di una decina di anni, piuttosto che battere sentieri risaputi si è fatto guidare dalla curiosità e dalla ricerca della qualità musicale mettendosi alla prova con generi lontani dall'hard rock, quali il folk, il blues, il country e pure la world. Seguendo istinto e passione, non si è precluso alcuna strada mantenendo intatto il suo status di leggenda.
Saving Grace
Dopo aver bissato, nel 2021, il fortunato sodalizio con la musicista bluegrass Alison Krauss pubblicando l'album "Raise the roof", bissando l'eccellente "Raising sand" che nel 2007 suscitò l'entusiasmo di pubblico e critica, ora il 77enne Plant ha spostato, seppur di un poco, il centro dei suoi interessi musicali pubblicando "Saving grace". Un disco che è improprio annoverare nella sua discografia solista poiché i Saving Grace, sono il gruppo formato dal batterista Oli Jefferson, dal chitarrista Tony Kelsey, dal polistrumentista Matt Worley e dal violoncellista Barney Morse-Brown che ospita dietro il microfono oltre a Plant anche la cantante Suzi Dian. Quella con la band britannica dei Saving Grace è una collaborazione che parte da lontano. Era infatti il 2019 quando 'Saving Grace featuring Robert Plant & Suzi Dian' si esibirono in una manciata di concerti in Gran Bretagna, in venue dalla capienza contenuta, a contatto con il pubblico. Da allora non è passato anno – salvo la tragica parentesi del 2020, causa Covid – che il gruppo non si sia esibito dal vivo, sempre interpretando sul palco cover e traditional. Dopo oltre cento concerti e sei anni hanno finalmente trovato il tempo e la volontà di lasciare traccia su album ed ecco, quindi, "Saving grace". Un disco che si muove tra cover e traditional e, lo dico subito, è un altro mattone nel solido muro del mito che Robert Plant, album dopo album, sta innalzando.
Robert e Suzi
Ad accoglierci all'ingresso è "Chevrolet", un blues tanto sofferto quanto incalzante e deciso, che venne scritto e interpretato nel 1930 da Memphis Minnie e Kansas Joe McCoy col titolo "Can I Do It for You". La stessa Memphis Minnie, una delle prime blueswoman della storia, che scrisse "When the Levee Breaks", poi ripresa dai Led Zeppelin con ottimo profitto 40 anni più tardi nel loro quarto album. "Chevrolet" in passato venne pure rielaborata e trasformata da Donovan in "Hey Gyp (Dig the Slowness)". Nei sei minuti di “As I Roved Out”, rielaborazione di un brano folk della tradizione britannica, il racconto dei cantanti si alterna con degli ipnotici e marziali intermezzi musicali. Si prosegue poi con una versione trattenuta e misurata, in cui Plant e la Dian offrono il meglio incrociando le loro voci in "It's a Beautiful Day Today", canzone dei Moby Grape pubblicata nel 1969, il cui testo sposa il solare ottimismo che si respirava nella West Coast americana di quel periodo. Dalla psichedelia e dal flower power, si torna al blues, venato gospel, della "Soul of a Man" di Blind Willie Johnson, alla disperata ricerca di qualcuno che possa spiegare l'insondabile anima di un uomo.
Cover e traditional
Alla metà dell'album “Ticket Taker”, bella cover del 2008 degli americani Low Anthem, prova che i Saving Grace non guardano solo al passato remoto della musica nelle loro scelte, ma si affidano anche al relativamente nuovo quando una canzone colpisce il loro piacere e la loro immaginazione. Qui è Suzi Dian a distinguersi sostenuta con precisione e semplicità dalla grazia della band. “I Never Will Marry” altro brano pescato dalla tradizione ha la maestosità della preghiera. In “Higher Rock” l'armonica è cosa di Plant, ma è la Dian a fare da voce solista, forse perché la canzone è della poco conosciuta cantautrice statunitense Martha Scanlan. Anche nella successiva “Too Far From You”, dal repertorio della folksinger americana Sarah Siskind, è Suzi Dian a cantare di una pena di amore per cui non riesce a darsi requie. “Everybody’s Song” è invece un brano tratto dall'album dei Low del 2005 "The great destroyer". Un disco già saccheggiato in precedenza da Robert Plant per l'album "Band of joy" del 2010, quando addirittura prese a prestito due canzoni: "Silver rider" e "Monkey". A chiudere la tracklist è “Gospel Plough”, parimenti a "Chevrolet" e a “Everybody’s Song” pubblicata come singolo in anticipo sull'uscita dell'album. La canzone fa parte della tradizione e venne incisa anche da Bob Dylan per il suo primo album datato 1962. Al contrario dell'energica versione di Dylan, qui i toni si fanno più tenui e, come suggerisce il titolo, religiosi.
Anime affini
Robert Plant e i Saving Grace vivono nella medesima zona, nelle campagne inglesi, a pochi chilometri di distanza l'uno dagli altri. Sono anime affini. Pare sia proprio questo il motivo per cui si sono ritrovati a condividere un pezzo di cammino insieme. Robert era alla ricerca, come ormai da tempo, di sperimentare suoni ed esperienze che fanno parte del grande patrimonio musicale della gente e di volerle suonare per la gente. La band ha invece trovato in Plant una stella che poteva far brillare la musica delle radici che ha sempre amato. Comunque, andiamo dritti al punto: "Saving Grace" è un grande disco. Potete andare in pace.