Prima di tutto le presentazioni, per quanti ne fossero a digiuno. Si chiamano My Morning Jacket e vengono da Louisville, Kentucky. Sono in cinque: il cantante e chitarrista Jim James, il bassista Tom Blankenship, l'altro chitarrista Carl Broemel, il batterista Patrick Hallahan e il tastierista Bo Koste. Con "Is" la band ha pubblicato il suo decimo album in un quarto di secolo, ovvero da quando, nel 1999, esordì con "The Tennessee Fire". Il precedente album, "My Morning Jacket", è uscito nel 2021, ma in realtà era stato registrato prima del lockdown. Nel nuovo disco, per la prima volta, il gruppo statunitense non si è autoprodotto ma ha collaborato con Brendan O'Brien, produttore di dischi per una infinita teoria di pesi massimi del rock, tra gli altri, per fornire i contorni del personaggio, si possono citare Black Crowes, Pearl Jam, Bruce Springsteen, AC/DC e Rage Against the Machine. Valutato il risultato finale si può affermare che il punto di vista esterno ha fatto solo che bene alla band che ha sempre avuto qualche piccola difficoltà a riportare su disco le prodezze proposte dal vivo.
Rock per chitarra e non solo
"Is" è uno degli album più convincenti dei My Morning Jacket. Un disco che non disdegna di consegnarsi ad andature sinuose e sognanti legate all'amore come accade in "I Can Hear Your Love" oppure alla radiofonica "Time Waited", scelta non a caso come singolo, o ancora alla trascinante, nella sua leggerezza, "Everyday Magic", che risuona in chiave pop un riff stonesiano e mi fa pensare, chissà perché, anche alla Electric Light Orchestra. "Beginning from the Ending" potrebbe essere uscita dalla penna di McCartney, tanto è pulita e trasognata. Che l'amore avrebbe allungato le sue calde braccia su ogni canzone era però stato chiaro fin dall'inizio: "Out in the Open" è un crescendo degno di Marcus Mumford e dei suoi amici, così come "Half a Lifetime" un divertente episodio decisamente rock in cui si lascia libero sentimento alla chitarra elettrica. "Squid Ink" ha il sapore del funky e potrebbe rimandare, tra gli altri, all'estro di Lenny Kravitz, assolo di chitarra finale incluso. La sei corde è assoluta regina nella seconda parte dell'album, quindi "Die For It" non fa eccezione alzando di una tacca il livello e candidandosi per una jam, lunga alla bisogna, dal vivo, in concerto, e non le è da meno "River road", a cui è affidata la chiusura di disco, che flirta in qualche modo con il blues.
Il talento dei My Morning Jacket
In definitiva sotto il cielo non si agita nulla di nuovo, i My Morning Jacket si confermano band di classe sopraffina. "Is" non sbuffa fumo negli occhi (e nelle orecchie), il suo ascolto porta a pensare che da qualche parte deve per forza esserci nascosto un trucco, un inganno, poiché tutto fila troppo piacevolmente semplice e liscio per non celare l'inghippo. E invece no, nessun trucco e nessun inganno. Solo dieci canzoni ben scritte e magistralmente interpretate che possiedono un solo e unico segreto, la capacità e il dono di rendere tutto ovvio e naturale. Non è un talento da tutti, dei My Morning Jacket sì.