Il classic rock di Israel Nash parla al cuore dell'America

"Ozarker" è il settimo album del musicista statunitense

Recensione del 25 ott 2023 a cura di Paolo Panzeri

Voto 7/10

Nel suo settimo e nuovo album, "Ozarker", Israel Nash intraprende un viaggio verso il passato, verso le radici. Le sue radici familiari, lui che è nato e cresciuto nello stato del Missouri, dove si stende in larga parte l'altopiano dell'Ozark, da cui prende il nome il disco, e da cui ha tratto l'ispirazione per realizzare il disco: "Tutte le persone, le storie e la musica che mi hanno formato provengono da quella parte del paese, e ne potevo sentire il richiamo in questo album." Radici familiari, ma anche musicali, che poi sono quelle legate al buon rock americano più classico. Sono quelle che si possono ritrovare in Bruce Springsteen ("Going back", ma in larga parte del disco), come in Neil Young ("Firedance"), ma che hanno mirabili esempi anche in Tom Petty, oppure in Bob Seger ("Roman candle") e in mille altri. Riflettendo su queste canzoni che possono essere classificate nel sottogenere del classic rock Nash ha spiegato: "Penso che il motivo per cui il rock classico resiste da così tanto tempo è perché tocca temi che tutti sentiamo nel profondo: desiderio, lotta, impegno, fuga". I temi che animano le dieci canzoni del disco riguardano questioni che rappresentano le fondamenta della vita delle persone, quali l'amore, la famiglia e la quotidiana difficoltà nel raggiungere un punto di equilibrio che spesso va a rassomigliare a quell'utopia chiamata felicità.

Classic rock

Un classico del rock americano è il muoversi verso la speranza di un futuro migliore provando a lasciarsi alle spalle i guai e i problemi, questo canta il 42enne Israel in "Can't stop". In "Ozarker" esplode in tutta la sua incoscienza un amore divampato tra i filari di un vigneto che si promette l'eternità a dispetto del volere della famiglia. Un uomo disperato per il fallimento di un amore si fa forza e prova a rimettere insieme i pezzi ("Pieces") e a trovare dei buoni motivi per ritornare a vedere il sole. "Lost in America" ci porta a toccare con mano la disperazione e la difficoltà di un reduce di una delle molte guerre che, immutabili nel corso del tempo, gli Stati Uniti conducono in questo o quel luogo del mondo, per questa o quella buona ragione, producendo moltitudini che non riescono a reinserirsi nella società una volta tornati dal fronte. Quello di Israel Nash è rock d'altri tempi, solido, diretto, verticale, uniforme, che a volte è in odore di country, di quello che non si perde nel virtuosismo per farsi comprendere: chitarra, pianoforte, voce chiara e potente e che, alla bisogna, non disdegna il suono dell'armonica per sottolinearne la valenza.

La vita nelle canzoni

Storia vuole che Israel Nash per le canzoni di "Ozarker" abbia attinto dai racconti fattigli dalla madre. Racconti di storie che si perdono nella notte dei tempi, racconti forse semplici che proprio per questo motivo riescono a raggiungere il cuore della gente. Racconti che prendono vita tra la leggenda e la realtà. Racconti che il suo figliolo ha messo in musica con l'intento di narrare la fragilità ma anche la resilienza dell'essere umano, ben sapendo che, come dice Israel, “Non importa da dove vieni o dove vai, porterai sempre con te il tuo passato. Le persone, i luoghi, le storie, questo è ciò che ti rende te stesso." E ci rende noi stessi.

Tracklist

01. Can't Stop (04:19)
02. Roman Candle (04:02)
03. Ozarker (04:36)
04. Pieces (04:52)
05. Going Back (05:16)
06. Firedance (04:38)
07. Lost in America (04:49)
08. Midnight Hour (04:09)
09. Travel On (03:56)
10. Shadowland (04:45)

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