Willie Nelson lo scorso aprile ha compiuto 90 anni. Si deve inevitabilmente partire da qui. Si deve quindi ricordare che questa leggenda della musica americana ha una vitalità fuori dal comune. Nell'anno in corso ha sinora tenuto oltre cinquanta concerti (sempre con l'inseparabile bandana rossa legata in testa), il prossimo 31 ottobre uscirà il libro 'Energy Follows Thought: The Stories Behind My Songs' e ha pubblicato "Bluegrass", il suo nuovo album che segue di solo qualche mese il precedente "I Don't Know a Thing About Love", disco tributo al musicista country Harlan Howard scomparso nel 2002. In più: a fine anno sarà disponibile 'Willie Nelson & Family', una docu-serie in cinque parti presentata in anteprima in gennaio al Sundance Film Festival.
Il bluegrass per la prima volta
L'ultimo nato in casa Nelson è il primo album (veramente strano a dirsi) della infinita carriera e della sterminata discografia del musicista nato nello stato del Texas ad essere dedicato al bluegrass, un genere musicale che può essere apparentato al country e alla musica della tradizione rurale a stelle e strisce la cui sonorità si avvale prevalentemente di strumenti a corda. Tutte le canzoni presenti nella tracklist di "Bluegrass" sono rivisitazioni in chiave bluegrass di vecchi brani di Willie Nelson con l'eccezione della sola "Good Hearted Woman", canzone di grande successo scritta da Willie nel 1972 insieme all'altra leggenda della musica country texana Waylon Jennings. Si può quindi affermare che l'album da una parte è un tributo a un genere musicale con cui Willie Nelson è cresciuto e che ha decisamente contribuito alla sua formazione artistica, dall'altra è anche un omaggio che fa a se stesso e alla sua opera. Per "Bluegrass" si è circondato di musicisti specialisti del genere quali Barry Bales (contrabbasso), Ron Block (banjo), Aubrey Haynie (violino), Rob Ickes (dobro), Josh Martin (chitarra acustica), Mickey Raphael (armonica), Seth Taylor (mandolino), Bobby Terry (chitarra acustica), Dan Tyminski (mandolino).
Standing ovation
Questo disco, a seconda dei punti di vista e, soprattutto, dei gusti musicali, lo si può trovare leggero e divertente oppure noioso e monotono; fuori dal tempo e scontato oppure (per le medesime motivazioni) tremendamente attuale ed originale. Quel che è indubitabile è che siamo al cospetto di una raccolta di canzoni interpretate a regola d'arte da una leggenda vivente che grazie a questo status può permettersi di presentare il bluegrass per come lo intende e lo sente lui. E anche se il bluegrass può non essere del tutto inscritto nella nostra tradizione e per questo non riusciamo a comprenderne fino in fondo ogni dettaglio, non possiamo che alzarci in piedi e regalare il giusto applauso a questo Grande Vecchio che non ha ancora finito di stupire.