Fino al 29 dicembre, ripubblichiamo le recensioni dei dischi candidati ai Rockol Awards 2022 nella categoria "Miglior album italiano": è possibile votare qua.
Qua invece le candidature per i migliori live.
In inglese si dice "A match made in heaven": un modo più poetico per dire "Una combinazione perfetta". Quando ho letto che i Calibro 35 avrebbero riletto Morricone mi è tornata in mente questa espressione inglese, e ascoltandolo è anche meglio. Perché la band non si è limitata a ricreare musiche che fanno parte del nostro immaginario e di quello mondiale (Morricone è il musicista italiano più noto all'estero degli ultimi decenni) - ma lo reinterpretano, lo smontano e lo rimontano. Il risultato non è sorprendente solo perché i Calibro ci hanno abituato bene, ma ciò non toglie.
Tutto è nato da Morricone
Nell nostra intervista per la presentazione del disco, Fabio Rondanini (batteria) ha ricordato che i Calibro 35 sono nati incidendo "Trafelato", che compare come penultimo brano di questo primo volume (il secondo arriverà tra qualche mese. La strada della band composta da Rondanini, Massimo Martellotta (chitarre e sintetizzatori), Enrico Gabrielli (pianoforte e tastiere), Luca Cavina (basso), e Tommaso Colliva (programmazione e sound design) poi ha preso una strada lunga, e ha fatto parecchie curve e deviazioni per tornare a quell'origine - con un punto fermo: la riscoperta e attualizzazione della grandezza della musica italiana per il cinema.
In questa strada i Calibro sono diventati i nostri Roots, una band con una capacità musicale enorme, un'identità fortissima, capace di rimettersi in gioco ben oltre la filologia cinematografuca, arrivando aumentare la potenza di fuoco di altri artisti: i duetti a Sanremo con Ghemon e Diodato sono stati tra i momenti migliori del Festival degli ultimi anni.
C'era una volta il Maestro
Proprio Diodato è protagonista di uno dei momenti più intensi ed emozionanti di questo album: sua è la voce che si sente nelle note immortali del tema di "C'era una volta il west". Ma già qua si sente l'approccio dei Calibro: una riscrittura, una cover nel vero senso della parola: rispettosa verso l'originale, ma in cui si sente la personalità di chi la esegue, che dà una chiave di lettura unica, una prospettiva diversa. In questo senso i Calibro parlano di "Scacco": "C’è della spudoratezza", ci hanno raccontaro.
rifiutiamo gli approcci religiosi. Questo non è un omaggio a Morricone, è una sfida. Un gioco, un conflitto positivo, non una celebrazione fine a se stessa. Ci siamo fatti un culo quadrato: spartiti non se ne trovano, il suo archivio è un gran casino. Abbiamo dovuto studiare e lavorare durissimamente per realizzare questo progetto. Non siamo degli adulatori, non siamo fan
Un approccio punk (nel senso dell'attitudine, più che nel suono), fin dall'apertura con "Arena", in cui compare Matt Bellamy dei Muse (con cui Colliva ha vinto un grammy) - voce e fischio. Ma si sente ancora meglio in "La classe operaia va in paradiso", dove la band accentua le dissonanze in una versione decisamente più rock, o in "Il buono, il brutto, il cattivo", velocizzata e dove una chitarra elettrica western passa in primo piano, quasi fosse una voce solista.
Non c'è un momento di calma o di stanca: merito dei capolavori originali, ovviamente. Ma merito dei Calibro, che giocano una partita, con mosse che non ti aspetti, spiazzandoti. Non c'è un vincitore tra in contendenti. Anzi, sì: vinciamo noi ascoltatori: un lavoro di enorme qualità, accessibile e complesso allo stesso tempo.