Ci ha impiegato quattro anni Tamino a regalare un seguito ad "Amir", suo album d'esordio che rivelò all'attenzione generale il musicista per metà egiziano (quella del padre) e per l'altra metà (quella della madre) belga. Le atmosfere del suo primo disco – cantato, come il nuovo "Sahar", in lingua inglese – ricordavano palesemente quelle del compianto Jeff Buckley e, per alcuni versi, anche quelle dei Radiohead. La seconda delle due si percepisce perché alla realizzazione del suo primo album, come di questo secondo, ha partecipato il bassista, ma forse meglio definirlo polistrumentista, della band britannica Colin Greenwood. Alla formazione che ha lavorato su "Sahar" e dato manforte al 25enne Tamino-Amir Moharam Fouad, questo il nome del ragazzo scritto per esteso, hanno preso parte, tra gli altri, anche il batterista Ruben Vanhoutte e il producer Pieterjan Maertens.
Da Anversa al mondo
Tamino ha composto le canzoni di "Sahar" nella solitudine della sua casa di Anversa dove ha ripreso e approfondito il percorso artistico iniziato con "Amir". Un comunicato stampa informa che ha preso lezioni di oud, un liuto arabo, da un rifugiato siriano riparato ad Anversa e che questo strumento ha avuto una parte importante nella composizione dell'album fornendo una coloritura malinconica alle melodie. Sonorità riconducibili al Medio Oriente, che oltre alla malinconia hanno un certo fascino, si ritrovano in "A drop of blood", una preghiera innalzata al destino dell'uomo che pare non riuscire a vivere senza scontrarsi con il suo simile e nel primo estratto del disco “The First Disciple”. Splendido è il singolo "You Don't Own Me": pianoforte e archi per un brano ispirato dalla lettura di 'Alla ricerca di un significato della vita' del filosofo e sopravvissuto all'Olocausto Viktor Frankl. Il lato più pop dell'album è bene rappresentato da "Fascination". In coda uno di quei brani che hanno portato Tamino ad essere paragonato a Jeff Buckley, "My Dearest Friend And Enemy".
Non ora, non qui
Se avete apprezzato "Amir" gradirete anche la seconda prova solista di Tamino. Il suo è un cantautorato folk rock - in cui si incontrano profumi di culture diverse - che si pone in sottofondo creando suggestivi paesaggi musicali per permettere che a guadagnare il proscenio siano la sua voce, molto emozionante e pulita, e, ancora di più le parole che compongono le sue canzoni. Parole scelte con cura, parole figlie della riflessione che intendono raccontare il punto di vista di un giovane tormentato dal destino dell'umanità che pare davvero condannata a non trovare pace. Quantomeno non qui. E non ora. Purtroppo.