Dopo essersi formati a Torino sul finire del 1973 e aver debuttato l’anno successivo al Festival del Parco Lambro di Milano, gli Arti & Mestieri si fecero largo nella scena progressive italiana con l’incisività rock e la tecnicità jazz del loro primo album, “Tilt (Immagini per un orecchio)”. Grazie alla bravura tecnica dei suoi componenti, unita a riflessioni e composizioni interessanti, e a esibizioni dal vivo di un certo rilievo, la band piemontese consolidò il proprio nome e si preparò a pubblicare la sua seconda prova sulla lunga distanza. Attorno al batterista Furio Chirico e al tastierista Beppe Crovella, la formazione contava ancora tra le proprie fila il chitarrista Gigi Venegoni, il sassofonista Arturo Vitale, il violinista Giovanni Vigilar e il bassista Marco Gallesi. A loro si unì poi il già cantante dei Procession Gianfranco Gaza, che contribuì alla realizzazione del secondo album del gruppo e di conseguenza alla sua sofisticata maturità. Registrato presso il Fono di Roma ed al Milano Sound Recording, il disco uscì nel 1975 con il titolo di “Giro di valzer per domani” e ora viene celebrato, insieme ad altre tra le maggiori opere del progressive rock italiano, dalla nuova iniziativa di Sony Music “Italian Prog Rewind”.
Con le sue quindici tracce tutte piuttosto brevi e i suoi messaggi importanti racchiusi più nella musica e nei titoli che nei versi dei brani, spesso solo strumentali, il secondo album degli Arti e Mestieri vide la band spingersi verso la maturazione di un ambiente sonoro più coeso e di una caratterizzazioni più solida dei suoi elementi. Con l’obiettivo di veicolare più intuizioni e sensazioni, e di arricchire la propria espressione comunicativa, puntando a una consapevolezza maggiore, il gruppo torinese continuò a intessere armonie Jazz e sinfoniche con pensieri impegnati e militanti tra le trame del progressive e delle tendenze rock.
Da un lavoro di incisiva organicità e forte personalità come “Giro di valzer per domani”, che a differenza del precedente album d’esordio trasporta l’ascoltatore in un mondo musicale più compatto, il suono e il carattere di ogni componente degli Arti e Mestieri arrivano nitidamente, a favore di una successione collettiva di inventive e virtuosismi. Tra i riferimenti sociali, politici o culturali nei titoli di brani come “Mirafiori”, “Dimensione Terra”, “Aria Pesante” e “Marylin”, alle dichiarazioni di “Saper sentire” in un cui si sente la voce di Gianfranco Gaza affermare “che cos’è un uomo, lo sanno pochi ormai”, ogni strumento ha libero sfogo. Oltre alle corse tra tastiere, piano elettrico, organo Hammond e la precisa batteria di Furio Chirico, protagonista indiscusso poi in “Sagra”, le ritmiche funky in “Dimensione terra”, le fantasie di fiati di “Mescalero”, gli archi giocosi di “Nove lune dopo” e quella libertà jazz predominante, “Giro di valzer per domani” porta anche l’inquietudine e l’ironia delle tematiche di “Aria pesante”. Il secondo album degli Arti & Mestieri, fino alla conclusiva “Terminal”, testimonia così, ancora dopo quasi cinquant’anni, quel sound preciso, impeccabile e fortemente riconoscibile che rese la band forte e interessante. Il gruppo arrivò a spingersi verso una musica senza confini e dopo cinque anni, tra esibizioni live e riflessioni, attuò un cambiamento radicale pubblicando nel 1979 un lavoro ancora più impegnato socialmente e dal sound meno sperimentale per riflettere la voce dell’emarginazione, ovvero “Quinto Stato”.