Il tributo alla grandezza di Neneh Cherry è un'occasione mancata

I brani storici riletti con ospiti non riescono a rendere giustizia ad un'artista all'avanguardia

Recensione del 15 giu 2022 a cura di Gianni Sibilla

Voto 5.5/10

La carriera di Neneh Cherry è da studiare: a fine anni '80 unisce pop e hip-hop, fa musica urban prima dell'urban, come lo chiamiamo oggi. Arriva in testa alle classifiche cambiando le carte in tavola della musica di quel periodo, e non solo, con un approccio all'empowerment musicale femminile che era avanti di decenni.
Poi sparisce e ritorna, con musica sperimentale: prima un album di cover in chiave nu-jazz con il gruppo The Thing, rinominato The Cherry Thing, nel 2012, poi la doppietta "The blank project" (2014) e "Broken politics" (2018), con  il producer inglese Four Tet: due capolavori, musica più intima e riflessiva che certificano la sua grandezza .
Dopo la ristampa per i 30 anni di "Raw like sushi", Neneh Cherry torna alle origini, o quasi: "The versions" un album a lei accreditato, ma è di fatto un tributo in cui le canzoni dei primi tre album vengono rilette da ospiti. 

Un'occasione persa

Purtroppo è anche un'occasione persa, per diversi motivi.
Le versioni, tranne rari casi, non sono all'altezza degli originali: perdono quella forza che non era data solo dal contesto del periodo, ma dall'interpretazione e dal carisma di Neneh Cherry. Si sente già nell'apertura con "Buffalo stance", canzone ancora attualissima nel testo e nell'approccio a flow e melodia: qua è ripulita e aggiornata nei suoni, incisa da Robyn con la collaborazione Mapei e Dev Haines; è uno dei rari momenti in cui si sente la voce di Neneh Cherry - nonostante sia co-accreditata in tutti brani - e la differenza si sente eccome.

Non male la versione di "Manchild" di Sia, emozionante "Woman" riletta da Anohni. Poi il resto dell'album si perde via in versioni deboli ("Buddy X"), ripetizioni ("Manchild") e un remix finale ("Buddy X"). Insomma, poca cosa.

Le assenze

Altro motivo di delusione sono le assenze in questa tracklist: mancano brani fondamentali come la rilettura di  "I've Got You Under My Skin", che sì era una cover, ma fu un punto importante di quella carriera, e la hit con Youssou N'Dour su "7 seconds" (1994). Avrei visto bene anche un'attualizzazione di "Trout", originariamente incisa con Michael Stipe. Ma soprattutto si fa notare la completa assenza di brani della seconda fase della carriera: certo, meno pop, ma altrettanto interessante. Un remix, magari coinvolgendo altri producer oltre a Four Tet, avrebbero reso giustizia in maniera decisamente più netta alla forza di questa voce e di questo personaggio.

Le motivazioni di questa operazione più mainstream sono comprensibili e apprezzabili. Decisamente meno il risultato. Speriamo di risentire presto Neneh Cherry con un album di inediti.

Tracklist

01. Buffalo Stance (05:07)
02. Manchild (03:17)
03. Woman (05:04)
04. Buddy X (02:46)
05. Kootchi (03:29)
06. Sassy (03:48)
07. Heart (03:41)
08. Kisses On The Wind (03:15)
09. Manchild (03:35)
10. Buddy X - Honey Dijon Remix (06:32)

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