Poche storie: "Pressure machine" dei Killers è uno migliori album rock del 2021. Della band si è sempre fatta notare forse la componente più pop e sintetica - in fin dei conti il gruppo deve il nome ad una citazione dei New Order - ma il lato "classic rock" è sempre stato forte e apertamente dichiarato, anche in lavori precedenti. La collaborazione su "Dustland" del 2021 con Springsteen è stata solo una tappa di un lungo percorso, culminato in questo album.
"Pleasure machine" è un album dal suono più essenziale, una sorta di "Nebraska", ma ambientato nello Utah, dove Brandon Flowers è vissuto da ragazzo. Viene rieditato in questi giorni in una versione deluxe: oltre alla copertina virata a colori, ci sono sette brani aggiuntivi. Versioni alternative di tre brani dell'album originale, che raccontano l'anatomia di una canzone.
Pleasure machine
Per un racconto del disco, vi rimando alla recensione scritta dal collega Michele Boroni, al tempo:
Il precedente “Imploding the mirage” era un disco tipico à la Killers - barocco, sfarzoso, magniloquente – le cui canzoni erano nate per essere naturalmente suonate dal vivo in tour, ma che il protrarsi della pandemia ha impedito (...)
"Pressure Machine” è un album completamente diverso dal precedente e in generale dal suono dei The Killers. Qui i synth, i chitarroni e l'elettronica anni 80 vengono sostituiti da steel guitar, violino e armonica ed è piuttosto naturale confrontare queste canzoni con gli episodi più acustici e intimisti di Bruce Springsteen.
Di mezzo c'è stata la pandemia, un viaggio a Nephi, piccola città di qualche migliaio di abitanti: la somiglianza con il Boss, con Mellencamp e il mondo del cantautorato rock degli anni '70-'80 è proprio nel racconto della provincia americana, della storie della "Small town". Tanto che il disco è uscito in due versioni: una in cui le canzoni erano anticipate da "field recordings", voci di cittadini e delle loro storie. E una "abridged" con le sole canzoni.
Anatomia di 3 canzoni
Piuttosto che la solita versione deluxe con inediti, il nuovo "Pleasure machine" prende tre brani e li ripropone in versioni alternative. Non sono neanche dei demo: sono proprio universi paralleli in cui la stessa scrittura prende altre strade. L'iniziale "West Hills" diventa ancora più simile a "Nebraska" in una versione completamente acustica, poi diventa una sorta di gospel. "Runaway Horses" perde la voce di Phoebe Bridgers, presente nell'originale, e guadgna - si fa per dire - un synth che porta più vicino al territorio di "Born in the U.S.A." o ai War On Drugs.
Ma il caso più interessante è quello di "The getting by", che nel disco originale chiudeva il disco con voce ed acustica a 12 corde (e qualche arco). È presente in altre 4 versioni, che riportano i "vecchi" Killers, più enfatici: la versione II, con le Lucius è enfatica quanto basta per fare un salto indietro nel tempo, ancora più evidente nella V, che si apre con i consueti tastieroni. Più minimali le altre versioni: la III è elettrica e cupa, la IV è country. Un piccolo esercizio di stile: in tutti i casi, le versioni scelte per l'album sono quelle più efficaci, ma queste versioni alternative mostrano mondi possibili e la versatilità della band.
Poco di più di una curiosità, per chi ha amato il disco originale: semmai è un peccato che le versioni alternative riguardino solo 3 canzoni e non tutto il lavoro. Un piacevole diversivo in attesa del tour (che in Italia arriverà il 21 giugno, a Milano: la stessa sera e a pochissima distanza da San Siro, dove suoneranno gli Stones...)