Al Lirico di Milano, il rock dei Queens of the Stone Age è teatro

Josh Homme e soci di scena al Teatro Lirico con lo spettacolo "Alive in the Catacombs": il racconto

Dalle profondità silenziose delle Catacombe di Parigi, dove un anno fa i Queens of the Stone Age hanno inciso la loro meditazione sulla vita e sulla morte, l’eco di "Alive in the Catacombs" riaffiora ora alla superficie milanese. Dopo il film-concerto realizzato tra le ossa e le ombre dell'ossario parigino e un disco dal vivo, il 18 ottobre Josh Home e soci trasformano quel rito sotterraneo in uno spettacolo visibile e condivisibile al Teatro Lirico Giorgio Gaber. Da esperienza intima e sospesa, lo show di "Alive in the Catacombs" diventa un momento teatrale collettivo e un concerto che non celebra soltanto la forza del rock, ma anche la sua capacità di misurarsi con la mortalità e la vita con solennità.

Il Teatro Lirico di Milano è uno di quei luogi in cui la memoria non svanisce, attraversando i secoli. Costruito alla fine del Settecento dopo l’incendio del Teatro Regio Ducale, il complesso teatrale della attuale via Larga nacque come “teatro popolare” accanto al “teatro nobile” della Scala. Come il Teatro alla Scala, venne progettato dall'architetto Giuseppe Piermarini, nella tipologia del teatro all’italiana, con pianta a ferro di cavallo e con vari ordini di palchi. Il Lirico, già Teatro della Cannobiana, fu inaugurato nel 1779 con uno spettacolo e musiche di Salieri e divenne presto un punto nevralgico della vita culturale milanese. Oltre a venir scelto nel 1832 da Gaetano Donizetti per la prima di "L'elisir d'amore", nel Novecento le sue quinte ospitarono le voci e le visioni di Brecht, Nono, Mina e Giorgio Gaber. Dopo oltre vent’anni di silenzio, intitolato oggi proprio a Gaber, il teatro è tornato a vivere nel 2021, restituendo a Milano uno dei suoi luoghi più profondi e simbolici.

È qui, tra poltrone di velluto rosso, echi e memorie, che Josh Homme e i suoi compagni riportano in superficie l’atmosfera rarefatta delle Catacombe di Parigi. Come nel film-concerto e nel disco omonimo, i Queens of the Stone Age si pongono la sfida di creare il fragile equilibrio tra oscurità e luce, mentre la musica prende respiro attraverso suggestioni insolite e d'impatto. Il pubblico che riempie il Teatro Lirico Giorgio Gaber è uno spettacolo a sé, dando il segnale che non si tratta di una serata ordinaria. Nel foyer, e poi tra le fila e le balconate della sala, si alternano t-shirt e jeans a lunghi abiti e completi scuri. Tra chi ha scelto la semplicità di un concerto rock, c'è anche chi ha colto l’occasione per entrare nel mondo visivo e simbolico di "Alive in the Catacombs", trasformando gli spettatori in identità e intenzioni.

Un comunicato stampa sul tour spiega: “'Queens of the Stone Age: Alive in the Catacombs' cattura i QOTSA come non li avete mai visti o sentiti prima". L’esperienza dal vivo lo conferma fin dal buio iniziale. A sipario chiuso, il teatro si riempie di suoni naturali, versi lontani, rumori di animali e battiti d’ali. Mentre in proscenio si sentono dei musicisti prendere posto nella completa oscurità, a sorpresa, Josh Homme fa il suo ingresso da fondo platea. Il pubblico inizia ad urlare e applaudire poco alla volta, svegliando gli spettatori davanti, e il frontman trasforma la sua apparizione in un gesto teatrale portando con sé uno sgabello, che in prossimità del palcoscenico lancia in scena, come a marcare il territorio. Ma non si siederà mai. 

Il primo atto dello spettacolo prende ufficialmente il via nel momento in cui Josh Homme accende una torcia, quasi l'unica fonte di luce di tutto il primo atto dedicato ad "Alive in the catacombs". Vieni quindi proposta la stessa sequenza di brani della tracklist dell’Ep e il repertorio non indulge sui classici più riconoscibili, ma esplora pieghe meno frequentate, con “Running joke” da “Era Vulgaris” del 2007 legata a una versione rivisitata di “Paper Machete” dall’ultimo album, “In Times New Roman…” (qui la nostra recensione). La voce del leader dei Queens of the Stone Age emerge con calore e immediatezza, lasciando la sensazione di una confessione e di un incanto. La musica assume ancor più profondità su “Kalopsia” con l'ingresso di un terzetto d'archi femminile, che diventa protagonista della scena insieme a Homme, Troy Van Leeuwen, Michael Shuman, Dean Fertita e Jon Theodore. Il sipario è ancora chiuso, il teatro continua a essere sommerso nell'ombra, illuminato dalla sola torcia che brandisce il leader del gruppo. In questa sospensione tra inquietudine e fascinazione, la band rinuncia al fragore elettrico per un suono acustico e materico, fatto di corde, archi, percussioni di catene e metallo. Dopo "Villains of Circumstance”, è il momento di “Suture up your future”, con Josh Homme che è di nuovo in mezzo al pubblico attraversando la platea con passo lento e magnetico, prima di chiudere la prima parte con "I never came”, cantata in coro dalla sala. 

All’inizio del secondo atto il sipario finalmente si apre, svelando inizialmente i backliner al lavoro e il momento dell’accordatura con la sezione di archi e fiati pronti al centro. Davanti a loro lo spazio è di Josh Homme, che sa come prendersi la scena e diventare padrone delle spazio, consapevole del proprio carisma. Si parte con "Someone's in the wolf” da "Lullabies to paralyze” del 2005, a cui è riservato il compito di svelare lo stato d'animo della seconda parte della serata. Il suono si fa più corposo: percussioni e fiati amplificano gli archi e la solennità di tastiere e sintetizzatori. La musica si apre a una dimensione orchestrale, mentre la teatralità dello spettacolo continua a rivelarsi nel gioco tra buio e luminosità, lasciando i musicisti e la scena immersi nel rosso dei fasci di luce. Seguono “A song for the deaf” e “Straight jacket fitting”, durante le quali Homme gioca con una mannaia tra le mani, brandendola verso gli spettatori quando scende di nuovo in platea, alternando ironia e inquietudine. Il frontman si rivolge poi al pubblico per introdurre il brano successivo: "Mi è capitato di riflettere che in molte culture e in molte epoche della storia di questo pazzo pianeta, ci sono molte poesie sui vermi. Dico sempre che bisogna rispettare i vermi, perché un giorno saremo cibo per i vermi. E questo per me ha senso. E questa canzone parla della bellezza e dell'amore per i vermi”. Il brano in questione è "Mosquito song" del 2002, che lascia spazio a una bellezza spettrale prima di "Keep your eyes peeled” e “Spinning in daffodils”. Quest'ultimo pezzo, risalente all'avventura di Homme nel supergruppo formato con Dave Grohl e John Paul Jones, i Them Crooked Vultures, riporta il frontman tra il pubblico, mentre a sostegno arriva anche la voce di Michael Shuman dal palco. 

Il terzo atto, infine, dissolve la nebbia e accende le luci. “You got a killer scene there, man…” apre la parte più rock dello spettacolo, con un’energia che non cancella la teatralità precedente. Mentre su “Hideaway” i fan delle prime fila iniziano a dedicare fiori e lettere al gruppo, su "The vampyre of time and memory” Josh Homme si siede al pianoforte, creando un racconto più intimo. Il leader dei QOTSA è subito pronto per tornare a imbracciare la chitarra in “Auto Pilot", lasciando spazio a Shuman al microfono. Arriva qui “Easy street”, il brano scritto per "Alive in the Catacombs", seguita da “Fortress” e “…Like clockwork” che sembrano chiudere il cerchio, seppur l’atmosfera resti sospesa. Dopo un attimo di pausa, Homme torna in scena con una sigaretta e delle campane tra le mani. Visto l’insolito strumento musicale, il frontman non perde occasione per scherzare con il pubblico e, dopo un breve messaggio sul significato dell'ultimo brano della serata, inizia a intonare “Jingle bells”. Tornato serio per il momento conclusivo dello spettacolo, accompagnato nuovamente da Michael Shuman, Josh Homme saluta il pubblico milanese con la sua sola voce su "Long slow goodbye". In un teatro nato per accogliere la musica e la parola, i Queens of the Stone Age hanno costruito un rito moderno, dove il rock non è mai soltanto intrattenimento ma una forma di teatro dell’anima: capace di dare voce alla caducità, alla rinascita, al mistero stesso di esistere. E come ancora in un incanto, dagli altoparlanti arriva "Memories" di Elvis Presley ad accompagnare verso l'uscita.

Ecco la scaletta:

Alive in the Catacombs

Running Joke / Paper Machete
Kalopsia
Villains of Circumstance
Suture Up Your Future
I Never Came

Set 2:

Someone's in the Wolf / A Song for the Deaf / Straight Jacket Fitting
Mosquito Song
Keep Your Eyes Peeled
Spinning in Daffodils - dei Them Crooked Vultures

Set 3:

"You Got a Killer Scene There, Man…"
Hideaway
The Vampyre of Time and Memory
Auto Pilot
Easy Street
Fortress
…Like Clockwork

BIS

Long Slow Goodbye

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