Su “Therefore I am” gigantesche fiamme spuntano alle spalle di Billie EIlish, direttamente dalle due buche dove suonano i musicisti della sua band, che per poco non ci rimettono le penne, ai due lati del palco rettangolare. Inquadrata dalle telecamere, che mostrano il primo piano in diretta sui maxischermi che sormontano la struttura, la popstar statunitense ha uno sguardo quasi luciferino, da teppista: quello di chi ha appena combinato qualcosa di grave, e lo sa. Avete presente “Disaster girl”, il meme di quella bambina che sorride all’obiettivo della telecamera mentre alle sue spalle un’intera casa va in fiamme? Ecco, Billie sembra più o meno così. Lo show all’UnipolArena di Bologna, unica data italiana dell’”Hit me hard and soft tour” che sta vedendo la cantautrice losangelina presentare in tutto il mondo l’omonimo album uscito lo scorso anno, è cominciato da una manciata di minuti, ma l’atmosfera è già caldissima. Come lei. E come anche il suo pubblico, che aspettava il ritorno della voce di “Bad guy” in Italia da sei anni.
L’ultima volta che passò nel nostro Paese con un suo tour era il 2019. La tournée era quella legata all’album d’esordio, “When we all fall asleep, where do we go?”, che era uscito pochi mesi prima di quell’esibizione sul palco del festival Milano Rocks all’Area Expo durante il quale ballando si infortunò a una caviglia, stoppò il concerto, si fece portare nel backstage, salvo poi ritornare davanti ai fan e terminare lo show da seduta. In 15 mila hanno mandato sold out in tre minuti i biglietti per l’appuntamento bolognese quando sono stati messi in vendita, nel maggio dello scorso anno, e ora sono pronti finalmente a riabbracciare la loro beniamina: molti di loro hanno dormito per quattro giorni in tenda, fuori dal palasport, per essere i primi a correre sotto il palco al momento dell’apertura dei cancelli. Quando Eilish, che apre lo show spuntando da una pedana nascosta dentro a un cubo posto al centro del palco a 360 gradi, pensato per permettere a tutti di fruire integralmente dello show grazie a una «scenografia immersiva» indipendentemente da dove fossero seduti, finisce di cantare “Therefore I am”, dal parterre si alzano migliaia di fogli. C’è scritto «we missed you», «ci sei mancata». «Hi guys, I love you so much», «Ciao ragazzi, vi amo tantissimo», sorride lei, canottiera e scarpe da basket, pantaloncini, calzettoni fino alle ginocchia e un cappello in testa con su scritto «yankee». Spiega ai ragazzi cosa sta per fare: intonerà delle melodie a cappella che poi campionerà usando una loop station, creando la base sulla quale esibirsi con la prossima canzone in scaletta, quella “When the party’s over” che era uno dei pezzi forti di “When we all fall asleep, where do we go?”, il folgorante debutto discografico del 2019: chiede ai fan rigoroso silenzio, mentre lei si cimenta nel delicato compito di autocampionarsi, prima di sdraiarsi sul palco e sfogare così i suoi struggimenti.
Sicura di sé, in fondo, lo era anche all’epoca: non sarebbe sopravvissuta, altrimenti. Ma a 23 anni la star che ha ridefinito il pop, influenzando con quelle produzioni grezze, lo-fi, da cameretta, un’intera generazione di colleghe e colleghi, dimostra di avere ancora più padronanza dei propri mezzi. Sul palco dell’UnipolArena di Bologna mostra tutte le sue sfaccettature. C’è la Billie più disperata di “The greatest”, “Your power” (la fa in acustico, accompagnandosi alla chitarra, mentre il suolo del palco si anima con un visual di un serpentone, lo stesso che nel video della canzone contenuta nel secondo album “Happier than ever” la strangolava), “Ocean eyes” e quella “What was I made for?” con la quale lo scorso anno interpretò la crisi esistenziale di Barbie nel film di Greta Gerwig, che in fondo era anche un po’ la sua, vincendo il secondo Oscar alla “Miglior canzone” dopo quello conquistato con “No time to die”. C’è la Billie più erotica, quella che in “Lunch” dice di voler “mangiare una ragazza” e di voler farla ballare sulla sua lingua (c’è poco da interpretare) e “Bad guy”. E poi c’è la Billie versione stomp, quella che si scatena e fa scatenare su ritmi incalzanti e beat pesanti, come su “Ilomilo”, “Bury a friend” e del duetto virtuale con Charli XCX su “Guess”, con raggi laser che colorano il palasport bolognese di quel verde acido diventato il colore simbolo della “brat era”: omaggia la collega spuntando, con un salto, da sotto una botola direttamente su un piccolo palco distaccato da quello centrale, dove poi ritorna godendosi il bagno di folla, scortata a dovere dalla sicurezza.
Rimane stordita quando il pubblico le dedica l’immancabile “Sei bellissima” di Loredana Berté - non se la prenderà mica anche stavolta, come lo scorso anno con Taylor Swift? - se non altro perché non capisce cosa sta succedendo, ma nonostante ciò rifà la melodia con i suoi vocalizzi, o quantomeno ci prova. Su “Happier than ever” imbraccia la chitarra elettrica e mentre sfoga in un urlo - all’unisono con i 15 mila - la rabbia legata alla delusione amorosa che ispirò la canzone delle gigantesche fiamme tornano a surriscaldare lo spazio intorno a lei e ai suoi musicisti. Lo show dura un’ora e mezza: «Cantare per tre ore è da psicopatici», ha detto lei recentemente, e chissà che a Bruce Springsteen non siano fischiate le orecchie. Si congeda con quella “Birds of a feather” diventata a pieno titolo una delle sue più grandi hit e mentre un’esplosione di coriandoli spiazza i fan lei manda baci qui e là e dice: «Ci vediamo la prossima volta».
SCALETTA:
"Chihiro"
"Lunch"
"NDA"
"Therefore I am"
"Wildflower"
"When the party's over"
"The diner"
"Ilomilo"
"Bad guy"
"The greatest"
"Your power"
"Skinny"
"Halley's comet"
"Bittersuite transition"
"Bury a friend"
"Oxytocin"
"Guess"
"Everything I wanted"
"Blue/Lovely/Blue verse/Ocean eyes"
"L'amour de ma vie"
"What was I made for"
"Happier than ever"
"Birds of a feather"