Mentre parla su Zoom, Brian Eno disegna su un foglio: “Mi aiuta a concentrarmi”, spiega ad un certo punto. Quando è Beatie Wolfe a parlare, invece, spesso mangia pezzi di torta: con uno dei più grandi musicisti e produttori degli ultimi decenni nulla è mai “normale”. Non lo è questa sorta di intervista/conferenza stampa con pochi giornalisti internazionali che dura non la canonica mezz’ora ma quasi due ore, con poche domande e lunghissime e articolate risposte. che vanno oltre la promozione e si trasformano in una lunga riflessione su canzoni, musica e ruolo dell’arte.
Anche la musica dei due album “Lateral” e “Luminal”, in uscita il 6 giugno, è tutt’altro che normale. Uno è un disco ambient, con un’unica suite di oltre un’ora (ma divisa in diversi movimenti a seconda del formato). l’altro è un album di canzoni, cantate da Beatie Wolfe – ma con una forma e una struttura “aperta”.
I due si sono conosciuti parlando di ambiente, in una conferenza al SXSW su arte e clima. Poi si sono ritrovati a Londra, esponendo le loro opere in gallerie d’arte. Quindi sono entrati in studio, quello leggendario di Brian Eno che fa da sfondo alla chiacchierata su Zoom: “Abbiamo cominciato senza alcun obiettivo, solo suonando”, racconta Eno. “Nessuno di noi due pensa che il tempo passato a suonare senza uno scopo sia tempo perso”.
“Luminal” è “musica da sogno”, il secondo “musica spaziale” – “ma davvero li abbiamo chiamati così?”, si lascia sfuggire Eno ad un certo punto. “Però non parliamo del vecchio Eno”, si raccomanda. “Non mi interessa raccontare quello che ho fatto in passato”. Così parliamo del presente e del passato recente, in cui Eno è tornato più volte alla forma-canzone, in “ForeverAndEverNoMore”, in “Secret Life” con il suo protégé Fred Again e ora in “Luminal”.
Un altro modo di intendere la canzone
Nelle 11 tracce di “Luminal”, Eno e Wolfe non seguono le regole canoniche della forma-canzone: sono pezzi che mirano a crarea stati d’animo più che raccontare storie. "Non mi interessano le canzoni narrative", racconta Eno. "Quelle che dicono: è successo questo, poi quest’altro. Voglio costruire uno spazio emotivo". Wolfe aggiunge: "Abbiamo costruito queste canzoni dall’interno verso l’esterno, partendo da un suono, da un sentimento, e lasciando che le cose si sviluppassero da sole".
Anche se ha prodotto alcune delle band di maggiore successo degli ultimi decenni, dagli U2 (con cui è tornato in studio) ai Coldplay, Eno sottolinea che il loro approccio in questo album è radicalmente opposto a quello della scrittura “professionale” di hit: "Se vuoi scrivere una canzone Top 40 hai già in mente cosa fare: non superare i tre minuti e mezzo, avere un beat, seguire regole precise. Noi facciamo l’esatto opposto: ci chiediamo: come ci sentiamo oggi? Prendiamo gli strumenti e vediamo cosa succede, senza nessuna restrizione".
Questo ha portato a due album con una musica volutamente non strutturata, anche quando ci sono delle canzoni: “Il termine tecnico è anti-teleologico: non devono andare da nessuna parte. Restano, si espandono, si abitano".
Anche i testi seguono questa logica: "Non scriviamo testi per dire qualcosa, non è che voglio mandare un messaggio. Il fatto è che quando scrivi canzoni, la gente pensa sempre che siano una tua espressione. Ma Harold Pinter a teatro non metteva in scena se stesso. Come faceva Bowie, come fa David Byrne: interpretano personaggi, che nelle canzoni dicono cose che non necessariamente rappresentano loro stessi. Nelle canzoni spesso scriviamo parole che non hanno un significato, ma che siano coerenti con le sensazioni che proviamo a raccontare".
Aggiunge Wolfe: “Le storie ci sono, ogni tanto. Ma cerchiamo di non essere letterali, didascalici. La vita è fatta di ambiguità, i nostri sentimenti sono spesso ambigui e le canzoni ti permettono di esplorare questo spazio fatto di confusioni e contraddizioni”.
L’arte nasce dal caos e dal rifiuto degli schemi
Eno e Wolfe amano la “sporcizia”, il caos che si allontana dalle strutture in serie. "Perché tutto deve essere così rifinito, quantizzato?" si chiede Wolfe. "Le crepe sono dove vive l’umanità. La tecnologia rischia di togliere tutto questo alla musica". Eno rilancia: "Io vengo dalla pittura. Lì siamo abituati a una varietà di texture. In musica invece ci sono migliaia di plugin progettati per far suonare il tuo disco esattamente come quello di qualcun altro, ed è patetico. Io amo i plugin, ma solo quando li uso in modo contrario a come sono pensati. Solo così diventano interessanti. Non mi piace la musica troppo pulita. Amiamo il disordine. Il casino è vita".
Musica infinitamente lunga, o brevissima
Una musica apparentemente senza forma, che dilata e comprime il tempo, passando dai 65 minuti di “Lateral” ai 3 minuti delle canzoni di “Luminal”. Album come spazi di lentezza e ascolto contemplativo: "Il denaro sta nella velocità: se vuoi guadagnare, fai qualcosa che le persone consumino rapidamente. Ma ci sono anche tendenze contrarie, sempre più persone cercano esperienze lente", riflette Eno: “Oggi esistono programmi tv dove non succede nulla per due ore, o canali che trasmettono il viaggio di un treno in tempo reale, seguiti da centinaia di migliaia di persone. C’è un bisogno crescente di lentezza”.
Eno e Wolfe raccontano che per questi album hanno fatto l’opposto della velocità: hanno rallentato ogni cosa che hanno scritto. Perché una delle più grandi rivoluzioni musicali degli ultimi decenni è legata alla possibilità di manipolare tempo e suono: "Quando ero giovane, non si poteva. Il tempo della musica scorreva e basta. Ora possiamo fare musica brevissima, come i 15 secondi di TikTok, o musica dalla durata infinita, come le composizioni che si autogenerano e non finiscono mai. La tecnologia ci permette di manipolare il suono, il timbro di ogni strumento. Ma permette anche di allungare, rallentare, dilatare: ho sempre desiderato fare musica senza inizio e senza fine, qualcosa che semplicemente sia, come un paesaggio o un orizzonte", racconta, evocando gli albori della ambient music, pensata come musica sia di sottofondo, ma anche interessante da ascoltare attivamente.
"Il tempo è un nuovo medium per chi fa musica. Non è più solo la struttura che contiene l’opera, ma uno strumento creativo. E a me piace ricordare che lento è bello. Anche se non succede nulla, va bene lo stesso. Il problema è che i media vogliono esattamente l’opposto: più eventi, più tagli, più rumore, più distrazioni".
Questo approccio si riflette direttamente nella lavorazione dei due album: "Spesso registravamo qualcosa, poi lo riproducevamo a una velocità molto più lenta. Così il suono si apriva, diventava più caldo, più profondo. Tutto cambiava. Quando componi, hai l’istinto di aggiungere, ma quando ascolti vuoi spazio. E quel tipo di spazio lo trovi nel tempo".
Wolfe conferma: "Abbiamo usato pochissimi strumenti, cercando di fare di più con meno. Anche questo è un modo per dare importanza al tempo e al suono. Intento, non frugalità".
L’arte cambia il mondo, ma senza slogan
Al cuore di “Luminal” e “Lateral” c’è la ricerca dei sentimenti, anche quelli che non hanno nome. "In inglese abbiamo pochissime parole per descrivere le emozioni", nota Wolfe. "In altre lingue ci sono parole meravigliose", spiegano, citando per esempio l’espressione italiana “commuovere”.
Per Eno, "L’arte serve a far provare qualcosa. Non trasmette necessariamente informazioni, non è propaganda. Ma è il luogo in cui entriamo in altri mondi, sperimentiamo, valutiamo, e da cui partono le nostre azioni". Anche quando non capiamo subito cosa stiamo provando: "La sensazione viene prima del pensiero, e spesso anche dopo. La musica ti aiuta a sentire prima di capire".
La dimensione politica non è assente, ma non è diretta. "Non so scrivere canzoni o musica manifesto. Non credo sia quello che cambia davvero le cose. Ma credo che l’arte cambi il mondo. Solo che lo fa in modo diverso", dice Eno. "L’arte è come il terreno fertile: non è l’azione in sé, ma crea le condizioni per l’azione".
Ed Eno è uno che agisce su diversi fronti: ha appena chiesto a Microsoft di non usare più il suo famoso jingle per Windows, perché l’azienda fornisce sistemi di intelligenza artificiale all’esercito israeliano, usati per bombardare i civili di Gaza. “Ma nessuno mi ha risposto”, racconta.
Eno chiude con una metafora: "Se vuoi che una fattoria dia frutti, devi prenderti cura del suolo. Chi non ha spazio per l’arte ha un terreno arido. L’arte rende fertile il terreno delle nostre menti, cambia le cose, ma lentamente. Ci rende più adatti ad affrontare le incertezze. E anche a giocare e festeggiare, perché ci insegna a lasciar andare il controllo".