Per Gian Piero Reverberi, 85 anni, il mestiere dell’arrangiatore non ha nulla a che fare con l’ego. Compositore e arrangiatore, con il fratello Gian Franco è stato tra gli artefici del successo della scuola genovese dei cantautori, quella composta da Gino Paoli, Bruno Lauzi, Luigi Tenco, Umberto Bindi, in un secondo momento anche da Fabrizio De André, e altri. Pioniere della musica per le tv, ha raggiunto il successo internazionale con progetti come il “Rondò veneziano” negli anni ’80. Intorno alla metà di quel decennio, dopo aver lavorato con alcuni dei più grandi artisti della musica italiana, decise di ritirarsi. In una recente intervista concessa al Secolo XIX, Gian Piero Reverberi ha ripercorso la sua carriera, spiegando come la professione dell’arrangiatore non prevedeva di dimostrare “quanto si sia bravi” a orchestrare o nell’utilizzo degli strumenti, ma nel saper riconoscere quale vestito sia più adatto alla canzone, che va difesa, preservata.
Alla domanda quale sia il suo arrangiamento migliore, il maestro genovese non ha dubbi: “Con Lucio Battisti collaborammo a lungo, la canzone più bella a cui abbiamo lavorato insieme fu ‘Emozioni’ (qui un articolo sulla storia della canzone). Per me quell’arrangiamento rimane unico, è uno tra i dieci più belli della storia della musica italiana”. Come nacque? “In un luogo insolito: al tavolo di un ufficio, non in uno studio di registrazione. Ai tempi mi trovavo a Milano, ma stavo cambiando casa e così mi misero a disposizione una stanzetta per lavorare, Lucio mi aveva dato un nastro in cui strimpellava. Partii da lì e scrissi senza strumenti, lasciando volare la mente e la fantasia. È un approccio che molto tempo dopo riutilizzai anche per alcuni arrangiamenti per Eros Ramazzotti. Il ruolo dell’arrangiatore è quello di ‘vestire’ i brani, senza esagerare. Non deve dimostrare nulla, ma solo mettersi al servizio della canzone”, ha raccontato Reverberi.
Dove risiede la magia? “Nel caso di 'Emozioni' mi piace pensare di aver arrangiato e vestito i silenzi”. L'arrangiamento, con chitarra acustica e sezione di archi, rese potente l'intensa emozione affettiva e la commozione estetica della composizione, che risale al 1970. Reverberi ricorda come le pause, i momenti quasi sospesi tra una parola e l’altra, rendano questo brano “musicalmente e a livello di arrangiamento perfetto”. Nel percorso del grande compositore, dopo le prime fasi, a un certo punto cambiò tutto: la sua carriera di arrangiatore per la musica leggera svoltò negli anni ’60 con “La gatta” di Gino Paoli, ancora prima della collaborazione con Battisti. Ma perché fu un momento “rivoluzionario”? “Perché prima di quel periodo gli arrangiamenti si facevano con le orchestre. Io, invece, anche a causa delle poche risorse economiche che mi misero a disposizione, mi sono affidato solo a un quartetto in cui c’ero anche io e un amico del Conservatorio. Semplificammo. Questo fu l’inizio di un nuovo modo di arrangiare”, ha ricordato il maestro al quotidiano genovese.