"Sto nella Sad, anche al Festival di Sanremo"

La Sad, il trio emo-punk è tutt'altro che "Autodistruttivo": l'intervista

Ogni anno prima di Sanremo c’è qualche polemica sul passato di un/una artista: si scandaglia il repertorio, si prendono delle frasi, le si decontestualizza, si cerca la polemica: è parte del gioco. Quest’anno è toccato a La Sad; il trio è in gara con “Autodistruttivo”, pezzo molto forte tra pop punk ed emo, co-firmato con Riccardo Zanotti: non è una canzone che creerà polemiche per il testo, che parla di amori tossici, ma loro promettono performance ogni sera diverse, sul palco dell’Ariston. “Noi sappiamo il messaggio che portiamo, è un messaggio positivo, ed è completamente l'opposto di quello che è stato detto”, raccontano Theø, Plant e Fiks,  negli uffici milanesi di MAST/Believe, la loro etichetta.

"Siamo La Sad, non i La Sad"

Scherzano, ma prendono sul serio questa presentazione al pubblico mainstream: “Noi siamo La Sad senza i”, sottolinano per come sono stati spesso presentati in questi giorni ("i La Sad", specificando che “Sad” va pronunciato all’inglese). “Noi andremo là semplicemente essendo noi stessi: è fondamentale per noi che a Sanremo si capisca chi siamo veramente. Vogliamo far capire anche alle persone che magari hanno un pregiudizio nei nostri confronti, per il nostro aspetto, che siamo delle persone che comunque hanno dei valori, siamo persone che ci stanno dentro. Non siamo tre pazzi scatenati come ci dipingono”, dicono.

Non è punk, è La Sad, anche se indossano maglie dei Misfits, o se le acconciature citano il famoso simbolo degli Exploited. “La nostra musica deriva più dal periodo pop punk degli anni 2000, da tutta l'ondata emo che è arrivata dopo, anche la emo trap. Siiamo un mischione di tanti generi, non ci piace etichettarci: se c'è una cosa che piace più, la usiamo”.

“Autodistruttivo”, spiegano, “È un brano con le chitarre, però stavolta c'è l'aggiunta della parte orchestrale, è un’evoluzione. Suonare con l'orchestra è stata un’emozione: la prima volta che abbiamo sentito il pezzo ci sono scese le lacrime. Vedere 60 persone che riproducono e suonano quello che hai scritto in studio, non so come dire….”

Sto nella Sad

Ed ovviamente inizia con la loro firma, il tag: “Sto nella sad”: “Semplicemente riprende anche il nome del nostro primo disco" (“Sto nella Sad" è stato ripubblicato in versione deluxe lo scorso inverno). "È il nostro slang, è un modo di vivere, un mood. Chi ha seguito qualche nostro concerto, o ci ha visto in giro lo sa: noi professiamo un botto questa rinascita dal dolore. Vediamo il dolore come un'opportunità, come una chance per crescere umanamente, per fare uno step up interno come persone. Per questo 'sto nella Sad': la tristezza, la sofferenza ci ha unito, è nata una famiglia che siamo noi, perché siamo molto più che colleghi. Abbiamo vissuto anni in un monolocale, questa roba qui ci ha salvato".
Un racconto generazionale: “sì, però del disagio della nostra generazione: è troppo figo ritrovarsi, ci piace un sacco, da anni che abbiamo questa visione di creare una nuova scena… Non te la voglio nemmeno etichettare, ma è semplice musica alternativa, prova a staccarsi dalla massa per creare un proprio filone. Noi, i Bunker, Diego Naska, poi stiamo vedendo su altri gruppi minori che spaccano di brutto".

La collaborazione con Riccardo Zanotti

“C'è stato tipo un link tramite il suo producer, il suo manager che è il nostro editore. Ci aiutò a finire il primo disco”, spiegano. “La collaborazione non è nata pensando 'facciamo la canzone per Sanremo': ci siamo visti, è nato un feeling nei mesi, e poi è venuto a fare una canzone. Ha aiutato con la strumentale, lui suona tutto… E poi con la parte orchestrale. Anche il giro iniziale di chitarra: un botto di tempo fa, lui fece una storia a Instagram dove suonava a casa, e noi gli abbiamo detto 'questo giro lo vogliamo, fallo se te lo ricordi'. Noi riusciamo a scrivere solo se siamo da soli, noi tre chiusi in una stanza: abbiamo steso tutta la canzone, e poi l'abbiamo rivista insieme a Riccardo, abbiamo cambiato in qualche parte.  A dire il vero anche Amadeus, quando ha sentito la canzone, ci ha dato dei consigli”
 

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