Lo spettacolo "civile" di Vinicio Capossela

Sul palco a Milano le forti emozioni di “Con i tasti che ci abbiamo”

Nella seconda metà del lungo tour con cui Vinicio Capossela sta portando live il suo ultimo disco “Tredici canzoni urgenti”, che gli ha fruttato la Targa Tenco come miglio disco dell’anno, arriva a Milano per riempire il Teatro degli Arcimboldi. 

Così il cantautore irpino ma milanese di adozione racconta questo concerto che va sotto il titolo di “Con i tasti che ci abbiamo - Tredici canzoni urgenti in teatro”:

È un concerto che prende corpo dal disco “Tredici canzoni urgenti”, canzoni di carattere civile che rispondono a un fenomeno . Come diceva Benjamin “Quando la politica diventa spettacolo -spesso incivile -allora lo spettacolo deve diventare politica civile”. Allo stesso tempo è un concerto che ha che fare con la sospensione dell’incredulità, quindi col mondo dell’immaginazione, perché l’immaginazione è la nostra grande opportunità di trasformare i limiti in possibilità. Abbiamo chiamato questa serie di concerti in teatro “con i tasti che ci abbiamo”.Quando mancano dei tasti dal pianoforte bisogna cercare melodie con quelli che sono rimasti. Il nostro concerto vorrebbe essere un invito a fare con quello che si ha, a fare dei limiti una possibilità e soprattutto a non avere paura di sbagliare.”

 E lui non sbaglia! In due ore e mezzo di spettacolo non c’è una cosa fuori posto, non una canzone che non abbia una sua ragion d’essere, non un arrangiamento sbagliato, non una parola che non sia corretta (e di parole da ascoltare ce ne sono tante, sia nelle canzoni che nelle introduzioni).

La maggior parte del concerto è incentrato sulle tredici canzoni “urgenti” contenute nel nuovo disco (e che vengono eseguite tutte) a cui si aggiunge una parte “variabile” in cui Capossela ogni sera si sbizzarrisce pescando dal suo repertorio con alcuni capisaldi intoccabili ma sempre funzionali allo spettacolo.

I primi due brani in apertura portano nel mediterraneo, con divagazione nei ritmi in levare, e con un cambio di rotta che introduce un sax che sa di Lurie/Lounge Lizards o anche di Morphine mentre il protagonista invita il pubblico a battere le mani. Sembra un momento leggero ma in realtà ascoltando le parole che Vinicio canta ci si rende subito conto che la “protesta”, la denuncia, la quasi rabbia espressa in maniera poetica che mette nelle canzoni su disco viene traslata anche nel contesto live.

C’è poi un cambio di atmosfera: tutto diventa più rarefatto, intimo, poetico, rallentato (ma non tanto) ed emergono altri sentimenti, che si fanno molto concreti nell’introduzione di “Staffette in bicicletta” dove ricorda, tra gli applausi del pubblico il valore dell’antifascismo e della memoria passando proprio attraverso un brano apolitico che parla di Resistenza e che si sviluppa su una musica quasi da camera con archi e pianoforte in una grande intensità emotiva. 

Molte sono le tematiche che Capossela affronta nelle 13 canzoni urgenti. Si parla di carceri (intese non solo come case circondariali) in “Minortà”, si sposano amore e finanza nell’ironica “Il bene rifugio”. “La cattiva educazione” mette le mani in un tema sempre di grande attualità come la violenza di genere. Il tema della pace, della non violenza, la denuncia del proliferare delle armi ricorrono spesso nel corso della serata. L’apoteosi emotiva la si raggiunge con “La crociata dei bambini”, che riprende un poema di Bertolt Brecht del 1942 intitolato “La crociata dei ragazzi”. Un brano in cui Capossela descrive dei bambini scappati dai luoghi nativi in guerra “in fila, sepolti di neve, i soli scampati alle bombe ed ai soldati”, che continuano a sillabare la parola Pace. Il pubblico ammutolisce, su un brano fortemente magnetico. Non si sente nemmeno un respiro dalla platea che ascolta l’intensità delle parole di questa canzone. Ed alla fine in pubblico sottolinea il gradimento con un lungo, quasi interminabile e liberatorio applauso. É il momento topico per quanto riguarda il lato emotivo dello spettacolo.

Un’altra lunga introduzione apre le porte a “Ariosto governatore”, brano, con l’apertura musicale affidata al “Tristano e Isotta” di Wagner, su cui appare come elemento coreografico una luna che scende dal soffitto sulla quale, secondo l’”OrlandoFurioso”, risiede il senno perso dall’uomo insieme alle vanità che fanno perdere il senno stesso. Anche qui accenni anti militari e riferimenti all’attualità politica. Riferimenti al presente politico italiano anche ne “I musicanti di Brema” un irresistibile crescendo che strappa gli applausi.

I riferimento al presente li troviamo anche in“Marajà” che introduce, con la sua vitalità, un evidente cambio di rotta musicale e che apre al “repertorio”. Anche questo brano (del 2000) è pieno di rimandi cinematografici (“Il Grande Dittatore” quando gioca con la luna e “Frankenstein Junior” quando imita Igor).

Il classico “Che Cossè l’amor” chiude la prima parte con il pubblico impegnato in una sorta di karaoke per uno dei brani più amati del repertorio di Capossela. Nell’introduzione cita (percuolandolo un po’) Dante.

I bis sono la parte più “territoriale” e legata all’estro del momento della serata. In apertura una lunghissima chiacchierata con cui Capossela introduce il suo rapporto con Milano, sino ad arrivare ad eseguire una intensa “Pioggia di novembre” che descrive il capoluogo lombardo sotto la pioggia. Con lui sul palco Cesare Malfatti dei La Crus. In precedenza su alcuni brani era salito in scena Enrico Gabrielli (Calibro 35). 

Altri ospiti per l’esplosione finale di vitalità. Ad accompagnarlo la brass orchestra Fan Fath Al con cui esegue prima “Zampanò”, poi “Solo mia”e a seguire una coinvolgente e bandistica versione de l’”Uomo vivo” che diventa un vero inno vitale e gioioso e che porta al top della parte giocosa del concerto. Gioia e vitalità che proseguono anche con il successivo “Tempo di regali” con la platea che ondeggia a ritmo e che ci riporta al disco “Tredici canzoni urgenti” che esploriamo ancora nel gran finale (come su disco) di “Con i tasti che ci abbiamo”.

Concerto di grandi sentimenti, emozioni e intensità ma dove trovano spazio anche momenti più vitali, in cui il divertimento mai banale, prende il sopravvento. Un concerto con qualche concessione teatrale ma dove trovano spazio grandi concetti, in cui la parola ha un significato importante ed essenziale (ogni brano ha una sua introduzione parlata). 

Come al solito Capossela non manda mai via il proprio pubblico scontento.

Scaletta

Sul divano occidentale
All You Can Eat
La parte del torto
Staffette in bicicletta
Il bene rifugio
Parla piano
la cattiva educazione
Minorità
Cha cha chaf della pozzanghera
La corciata dei bambini
Ariosto governatore
Gloria all’archibugio
I musicanti di Brema
Marajà
Che coss’è l’amor

Bis
La pioggia di novembre
Zampanò
Solo mia
L’uomo vivo
Tempo di regali

Con i tasti che ci abbiamo

 

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