Lei è fiorentina, il suo vero nome è Alice Bisi, si fa chiamare Birthh, canta in inglese e oggi compie 27 anni. Fino ad oggi vanta tre uscite discografiche sulla lunga distanza: "Born in the woods" (2016), "WHOA" (leggi qui la recensione) (2020) e "Moonlanded" (2023). Ed è con la recensione del suo ultimo impegno su disco firmata per noi da Michele Boroni che ne festeggiamo il compleanno.
“Moonlanded” è il terzo disco di Birthh, ma per parlare del disco è necessario prima illustrarne il contesto. Birthh è il nome artistico dietro cui si cela Alice Bisi, fiorentina di nascita e formazione ma che nei due dischi precedenti ha sempre cantato in inglese, un alternative pop prodotto in Italia ma dal respiro internazionale che l'ha portata a suonare al Primavera Sound al SXSW come pure all'Ypsigrock e all'Home Festival.
Nel marzo del 2020 Birthh va a New York per aprire un concerto e rimane bloccata per il lockdown. Quindi si fa una nuova vita a Brooklyn, conosce l'amore, instaura nuove amicizie e solo dopo due anni fa ritorno in Italia, con un nuovo bagaglio di esperienze e 10 tracce registrate e co-prodotte (insieme a London O' Connor) che compongono questo “Moonlanded”. Dentro queste canzoni c'è sicuramente lo spleen della lontananza da casa, ma anche le scoperte di una ventenne in un luogo pieno di sorprese e di energia nuova (ad esempio in “Friends in the energy” realizzato insieme agli Awl of Us), le ambizioni e le inevitabili incertezze, come pure la ricerca di un'identità (“Somebody”). Il tutto con una sensibilità semplice ma palpabile, spesso infantile ma decisamente efficace. Da qui emerge un immaginario fumettistico dove il suo home studio si chiama “The Moonbase” e la sua vita che poi è raccontata nel disco diventa un viaggio lunare.
Se nei due precedenti dischi le ispirazioni erano decisamente europee, tra l'indie folk dei Daughter e l'alt-rock degli Alt J, in questo disco il suono è decisamente più americano e in particolare quel r'n'b intimistico un po' LO-FI tipico degli ultimi sporadici singoli di Frank Ocean, ma anche evidentemente molto dream pop cantautoriale sparso in giro e infine quell'hyperpop che ultimamente piace molto da quelle parti. Quindi piano e chitarra classica molto jazzy insieme a beat di dream machine, molti sample e vocine truccate tipiche di questo periodo storico, ma tutto inserito con grande naturalità. L'iniziale “Supercharged” e la finale “Blue” ricordano molto da vicino le prime cose di Rex Orange County con quel gran gusto per le melodie tra il divertito e il malinconico. Mentre "Hyperdrive" è puro hyper pop à la 100 gecs. In definitiva questo “Moonlanded” è un disco sincero e piacevolissimo da parte di una ragazza in continua scoperta di sé e del mondo (musicale e non).