Esordirono 15 anni fa i Vampire Weekend di Ezra Koenig (oggi cade il suo compleanno numero 39), ed esordirono alla grande. Per qualche testata come Spin furono addirittura la migliore nuova band dell'anno. In quel 2008 uscì il loro omonimo primo disco. Dopo di allora ne giunsero altri tre, l'ultimo "Father of the bride" nel 2019. Tutti album che hanno frequentato i quartieri nobili delle classifiche di vendita nei paesi di lingua inglese, da noi un pochino meno. Comunque sia, qui sotto potete leggere la recensione dell'album d'esordio, "Vampire Weekend", che pubblicò sulle nostre pagine Ercole Gentile al tempo della sua uscita.
A volte capita di trovarsi al posto giusto, nel momento giusto. Una combinazione di elementi spazio/temporali tanto semplice (e forse inconscia), quanto complicata da realizzare. Succede anche con la musica, talvolta. Il primo caldo, la primavera alle porte, i fiori che iniziano a spuntare, un’armonia di rinascita ovunque: in quel momento servirebbe proprio un sound fresco, allegro, di quelli che fanno battere il piedino sul pavimento, magari anche originale. Questa volta al momento giusto (la primavera) e nel posto giusto (le cuffie) sono arrivati i Vampire Weekend.
Il giovane quartetto newyorkese, salito anch’esso alla ribalta grazie alla rete, ci viene presentato dall’etichetta XL, nuova casa dei Radiohead, fucina di talenti come Adele e M.I.A. e già dimora di White Stripes e Devendra Banhart. La musica dei Vampire Weekend è indie-rock, ma contaminato da una freschezza nuova, proveniente dagli strumenti tipici del continente africano e dei Caraibi: percussioni, maracas, chitarrine, organo e quant’altro.
Ottimi esempi di quanto si sta affermando sono il primo singolo “Mansard roof” (quello che ha fatto conoscere i quattro ragazzi della Columbia University al mondo indie degli Usa), con la sua tribale batteria lo-fi (presente praticamente in tutto il disco) ed una veloce chitarrina africana; “Oxford Comma” a base di organo, andamento percussivo, sognante chitarra e ritornello tipicamente indie-rock; “Cape cod Kwassa Kwassa” con i suoi ritmi rilassato/caraibici ed una critica al lifestyle modaiolo finto etnico (“Is your bed made? Is your sweater on?Do you want to Like you know I do. But this feels so unnatural, Peter Gabriel too”). O ancora “M79” con i suoi giocosi violini impazziti e cori e “The kids don’t stand a chance” con un accattivante organo reggae di sottofondo, violini e tribal drum.
Altri brani sono invece meno “contaminati”, maggiormente indie-rock, ma altrettanto piacevoli, come “Campus”, dedicata appunto alla vita del college, “I stand corrected” e “Walcott”, il nome del protagonista di un cortometraggio girato dalla band, una storia di vampiri dalla quale ha preso il nome anche il gruppo.
Menzione a parte per “A-punk”, secondo travolgente singolo che miscela quanto detto sopra con un travolgente ritmo punkeggiante, creando un’ irresisitibile e folgorante scheggia sonora. Insomma questi Vampire Weekend sono la dimostrazione che anche nell’indie-rock più “modaiolo” è possibile trovare spunti freschi ed originali, basta sapere (ed aver voglia di) cercare e la musica africana è sicuramente un ottimo baule nel quale spulciare. Quindi via il maglione pesante, si aprano le finestre e si lascino entrare i Vampiri...non solo per un weekend, ma per (almeno) tutta la primavera.