Elogio della canzone introspettiva e malinconica di Niccolò Fabi

Venti anni fa il cantautore romano pubblicava il suo quinto album, "La cura del tempo"

Niccolò Fabi si avvia a tagliare i trenta anni di carriera. Di onorata carriera, l'aggettivo è quanto mai calzante se lo si lega alle canzoni da lui proposte in tutti questi anni e nella dozzina di album pubblicati partendo dal "Il giardiniere" del 1997 fino a "Meno per meno" (leggi qui la recensione) uscito un paio di mesi fa. Oggi parliamo però del quinto disco di Fabi, "La cura del tempo", che uscì il 3 febbraio del 2003, esattamente venti anni fa. Più sotto riportiamo il nostro pensiero e le nostre considerazioni su quel disco spese nella recensione dell'epoca.

“Quando vivere diventa un peso / quando nei sondaggi il tuo parere non è compreso / quando dire amore diventa sottinteso / quando la mattina davanti al sole non sei più sorpreso /dillo pure che sei offeso. (…) Sei ha qualcosa da dire dillo adesso / non aspettare che ci sia un momento / più conveniente / per parlare”.

Per parlare del nuovo disco di Niccolò Fabi, “La cura del tempo” partiamo da queste parole, le più intense della più bella canzone del disco: “Offeso”, stupendo e toccante duetto con Fiorella Mannoia. Che Niccolò Fabi non fosse un cantante leggero lo sapevamo. Forse, in passato, è stato facile collegarlo alla poetica della “nuova scuola romana”, quella dei Silvestri e dei Gazzé: abili, giocolieri delle parole, ironici e profondi. Niccolò è stato – ed è tuttora, per certi versi- legato a quest’idea di canzone. Però brani come “Offeso” - e tutto questo album in generale - fanno capire che la strada maestra ora è un’altra. Una strada forse più introspettiva, un po’ più malinconica del solito, forse meno diretta ma decisamente più matura.

Se dovessimo fare dei paragoni tra il Fabi odierno ed altri nomi della scena italiana - sono fuorvianti, lo sappiamo, ma rendono l’idea – vengono in mente due nomi. Il primo è quello dei Tiromancino: Fabi, a differenza del gruppo di Zampaglione, ricerca nelle sue canzoni suoni più acustici e “tradizionali”: lo dimostra la presenza del sax di Stefano Di Battista, per esempio, o quella di strumenti come il mini-moog o il piano Fender-Rhodes; la ricerca melodica e verbale, però, va nella stessa direzione, con tutte le differenze del caso: un recupero e un’attualizzazione di alcune forme della canzone italiana cantautorale. E, da questo punto di vista, viene in mente un altro nome: quello di Ivano Fossati. Ascoltando canzoni come “Mimosa” viene in mente il cantautore ligure, per una certa scansione e intonazione delle parole, oltre che per il fatto che proprio Fossati è uno dei capiscuola nella canzone introspettiva e malinconica.

Detto questo, “La cura del tempo” è un disco che vive di luce propria, e lo dimostra quanto bene sia stata accolta dalle radio il singolo “E’ non è”, non certamente una canzone “pop” nel senso tradizionale. Insomma, un disco che è contemporaneamente una bella conferma ed una bella sorpresa.

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