Uno degli album più importanti degli anni zero ha due date di uscita: il 18 settembre 2001, una settimana dopo gli attentati alle torre gemelle, e il 23 aprile 2002.
La band ha annunciato oggi un nuovo album, "Cruel country" in uscita il 27 maggio e dedicato al genere da cui arrivano, rivisiato a modo loro. Ma nei giorni scorsi ha celebrato il suo capolavoro, "Yankee hotel foxtrot", uscito 20 ann fa, con un tour in cui viene suonato per intero. A giugno, dopo il nuovo album, arriverà una riedizione-monstre di "Yankee hotel foxtrot",con ben 82 brani inediti tra versioni alternative, demo e live.
Fu un album dalla lavorazione complessa sia per le tensioni all’interno della band, sia per quelle con la discografia. Il risultato è un album rilevante non solo per il suono, che univa le radici americane alla sperimentazione, ma anche per il metodo in cui venne distribuito: venne rifiutato dall’etichetta discografica, e la band lo mise in streaming sul proprio sito: al tempo il digitale era visto con sospetto, download era sinonimo di pirateria, e condividere musica in quel modo era una modalità inedita, che anticipò i tempi. Ecco la storia di un capolavoro.
Da “Being There” a “Yankee hotel Foxtrot
Nella seconda metà degli anni ’90 il rock tornò in classifica: band come i Counting Crows o i Wallflowers vendettero milioni di copie. I discografici della Warner speravano di fare lo stesso con i Wilco, ma non successe niente: “Being there” il loro album del ’96, si fermò a trecentomila copie. È un doppio e già lì la band mostra di voler fare le cose di testa propria.
In “Summerteeth” si spinse ancora più in là, con brani che uniscono country e sperimentazione: il disco andò male e la band accettò le pressioni della casa discografica, che voleva un singolo radiofonico. “Can’t Stand It” venne presa in mano da Dave Kahan, il capo del reparto artistico; venne cambiata, quasi stravolta. Non funzionò neanche quella.
La reazione della band fu radicale: avete fatto come volevate, non ha funzionato, ora facciamo di nuovo a modo nostro.
Jeff Tweedy è il leader della band, ma le tensioni con l’altra mente pensante Jay Bennet abbondavano: entrambi lottarono su come gestire le canzoni. Tweedu prima chiamò Jim O’Rourke alla produzione per contenere Bennett, poi buttò fuori dal gruppo il batterista Ken Coomer. Poco dopo la fine del disco licenziò anche Bennet. Il tutto avvenne di fronte alle telecamere del regista Sam Jones, che stava girando un documentario, che prese il titolo dal primo brano, "I Am Trying To Break Your Heart”.
Il disco che la band presentò alla casa discografica ha un inizio quasi dissonante. Tweedy declama parole apparentemente senza senso dopo un minuto e mezzo di introduzione: “Io sono un bevitore americano di acquari, io faccio l’assassino giù per la strada”. Una sorta di unione tra le sperimentazioni dei Radiohead e l’alt-country da cui provengono i Wilco: brani diretti come “War on war” o “Heavy metal drummer” con canzoni destrutturate come "I'm the Man Who Loves”, ”Jesus, Etc.” e "Ashes of American Flags”: diventeranno tutte dei classici della band.
La lite con la Warner
La casa discografica non fu della stessa idea: quando i Wilco portarono il materiale alla Reprise, l’etichetta della Warner con cui hanno il contratto, la reazione fu gelida. L’etichetta era stata comprata dal colosso di Internet America On Line e non c’era più il vecchio capo. Al comando c’era quel Dave Kahan che aveva remixato “Can’t stand it”.
La band volva uscire con il nuovo disco l’11 settembre 2001, ma Kahan si rifiuta di pubblicarlo. I Wilco, dal canto loro, si rifiutano di cambiarlo. Così trovano un modo per uscirne: la Warner prima chiede cinquantamila dollari, poi glielo regala. La band poté tenersi il disco e farne quello che volevoa.
I Wilco fecere una cosa che nessuno si aspettava. Il 18 settembre 2001, una settimana dopo uno dei giorni più bui della storia americana, misero il disco in rete. In realtà erano iniziati a circolare dei demo sotto forma di bootleg, ma la band teneva alla qualità e lo caricò sul proprio sito, wilcoworld.net, nella versione giusta.
Si poteva solo ascoltare, non scaricare; si tratta di streaming, ma questa parola diventerà di moda solo molti anni dopo. Il primo giorno ci furono cinquantamila accessi al sito.
Poco dopo la band trovò una nuova etichetta: è la Nonesuch, label più attenta alle sperimentazioni ma che, ironia della sorte, faceva sempre parte del gruppo Warner. I Wilco rientrarono nella loro etichetta da un’altra porta: ad aprile 2022 uscì il CD fisico e i fan ringraziarono comprando più di cinquantamila copie solo nella prima settimana Pitchfork, severissimo sito censore della musica indipendente, gli dà 10: “È valso il ritardo, il buzz, e tutte queste polemiche? La risposta è sì”. Non solo: era nata una nuova musica, ed era nato un nuovo modo per farla arrivare al pubblico.