Amy Winehouse, la seconda inchiesta sulla morte conferma l'intossicazione

La seconda inchiesta istruita dalle autorità inglesi per fare luce sulle cause della morte di Amy Winehouse ha confermato il verdetto emesso in prima istanza dal coroner incaricato di indagare sulla scomparsa dalle diva soul jazz britannica, deceduta nella sua casa di Londra il 23 luglio del 2011: come già affermato dal medico legale Andrew Reid, poi accusato di non essere sufficientemente qualificato per stilare il rapporto del caso, a risultare fatale all'allora ventisettenne cantante fu un'intossicazione accidentale da alcol.

Quella che potrebbe essere la parola "fine" alla triste vicenda che colpì due estati fa lo stardom musicale mondiale è stata posta oggi dal coroner di Westminster Shirley Radcliffe, nominato dal tribunale di Londra per la riapertura delle indagini sul caso. Le nuove analisi hanno evidenziato come nel sangue della cantante siano stati trovati 416 milligrammi di alcol su 100 millilitri di sangue, quantità di oltre cinque volte superiore a quella stabilita dalla legge che segna il limite (fissato a 80 milligrammi) per la guida in stato di ebbrezza.

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