Come probabilmente sapete, uno dei vezzi di Rockol è quello di non ascoltare le canzoni in gara al Festival di Sanremo prima che le ascoltino anche i telespettatori al momento dell’esecuzione. Ci piace conservare quell’elemento di sorpresa che ci permette, crediamo, anche di esprimere un parere non condizionato dall’avere già la canzone nelle orecchie.
Quello che vogliamo fare adesso è invece esaminare l’elenco delle canzoni che “hanno portato la canzone italiana nel mondo”, dando alcuni dettagli su ciascuna di loro.
Partiamo da “Che sarà”, la canzone che Arisa canterà giovedì 16 febbraio con José Feliciano. Bella canzone italiana tradizionale, seconda classificata al Festival di Sanremo 1971 nell’interpretazione dei Ricchi e Poveri e di José Feliciano (unico straniero che torna, per così dire, sul luogo del delitto), la curiosità è che la canzone (scritta da Jimmy Fontana, Franco Migliacci, Lilli Greco e Carlo Pes) era stata pensata per il rilancio di Gianni Morandi, che però non se la sentì di andare in gara a Sanremo. Non ci risulta però essere stata un grande successo internazionale.
“My sweet Romagna”, che sarà proposta da Samuele Bersani con Goran Bregovic, è una curiosità. Detto che anche questa non è stata un successo internazionale, men che meno cantata in inglese, ma che indubbiamente la popolarità della canzone originaria è enorme, la versione in inglese fu incisa da Checco Marsella dei Giganti (che ne scrisse anche il testo in inglese sulla musica di Secondo Casadei) in un Cd accreditato a “Checco Marsella dei Giganti e gli Amici della Notte”, pubblicato nel 2001 da Casadei Sonora.
La canzone del giovedì di Chiara Civello, che la canterà con Shaggy - “You don’t have to say you love me” - ha invece tutti i titoli: “Io che non vivo (senza te)”, di Pino Donaggio e Vito Pallavicini, fu portata a Sanremo senza molto successo nel 1965, ma ripresa da Dusty Springfield divenne una hit internazionale e fu cantata persino da Elvis Presley.
Gigi D’Alessio e Loredana Berté canteranno, con Macy Gray, “The flame”,versione inglese di “Almeno tu nell'universo” (di Bruno Lauzi e Maurizio Fabrizio) di Mia Martini, cantata tra gli altri anche da Thelma Houston e portata da "Mimì" sul Palco dell'Ariston nel 1989. "The flame" è un pezzo inciso nel 1991 da Brenda Cochrane. La cosa curiosa però è che questa versione è stata in seguito ripresa nel 1994 da Thelma Houston per un album omonimo uscito solo per il mercato italiano.
“My life is mine” è la versione inglese di “Vita spericolata” (Vasco Rossi e Tullio Ferro, 1983), incisa da Thelma Houston in quello stesso disco del 1994 pubblicato solo in Italia, in cui oltre alla sua “Don’t leave me this way” e a un altro paio di canzoni in inglese, cantava solo cover inglesi di canzoni italiane (“Ancora”, “Bella senz’anima”, “Un mondo d’amore”, “Tu come stai” e “Stella stai”). Successo all’estero? Zero.
Irene Fornaciari con Brian May canterà “I who have nothing”, che sarebbe “Uno dei tanti” di Mogol e Donida. Lanciata nel 1961 da Joe Sentieri, fu tradotta nientemeno che da Jerry Lieber e Mike Stoller, ed è diventata uno standard del rhyhm&blues internazionale; l’hanno incisa Ben E. King, Tom Jones, Roberta Flack, Sylvester, Shirley Bassey, Luther Vandross, Neil Diamond, Gradys Knight, Joe Cocker e persino gli Status Quo.
I Marlene Kuntz con Patti Smith eseguiranno “The world became the world”, versione italiana della “Impressioni di settembre” (1972) della Premiata Forneria Marconi, che il gruppo - con testo inglese di Pete Sinfield - incluse nel suo secondo album inglese (1974), intitolato come la canzone. La Premiata Forneria Marconi divenne piuttosto popolare sulla scena anglosassone, quindi la canzone (scritta da Franco Mussida, Mauro Pagani e Mogol) può a buon diritto entrare nel novero di quelle che hanno onorato la musica italiana nel mondo.
I Matia Bazar con Al Jarreau canteranno “Speak softly love”, versione con testo inglese (di Larry Kusik) del tema scritto da Nino Rota per “Il Padrino” (1972). La canzone col testo italiano (di Gianni Boncompagni) fu cantata fra gli altri da Johnny Dorelli, Ornella Vanoni e Gianni Morandi. La storia di questa canzone è molto lunga: nasce addirittura da un tema del 1958 (“Fortunella”), ed è per questo che fu squalificata dagli Oscar di quell’anno (era in gara per il titolo di miglior colonna sonora originale); buffamente, la colonna sonora di “Il Padrino 2”, pur contenendo lo stesso tema, invece ottenne l’Oscar nel 1975.
Francesco Renga e lo spagnolo Sergio Dalma canteranno insieme “El mundo”, versione in spagnolo di “Il mondo” di Jimmy Fontana e Gianni Meccia e Carlo Pes (1965); la canzone fu un buon successo internazionale, e in Spagna in particolare andò in classifica nella versione del gruppo Los Catinos.
Nina Zilli con Skye dei Morcheeba canterà “Grande grande grande” di Mina (autori: Alberto Testa e Tony Renis) nella versione inglese, “Never never never”, con il testo di Norman Newell, che fu un successo internazionale nell'esecuzione di Shirley Bassey (è stata incisa anche da Celine Dion con Luciano Pavarotti, Julio Iglesias con Nana Moskouri e Mireille Mathieu).
Ho lasciato per penultime le due canzoni napoletane, “Torna a Surriento” (Eugenio Finardi con Noa) e “Anema e core” (Pierdavide Carone e Lucio Dalla con Mads Langer). La prima, col titolo “Surrender”, è stata cantata da Elvis Presley, Frank Sinatra, Dean Martin, Conne Francis;
la seconda, scritta da Salve D’Esposito e Tito Manlio, che fu portata al successo da Tito Schipa, è un evergreen che è stato tradotto in almeno undici lingue, ma non in danese, che è la lingua di Mads Langer; fra i suoi interpreti internazionali Frankie Avalon, Cliff Richards, Perry Como, Michael Bublé.
Infine, Lucio Battisti.
La prima delle due canzoni di Battisti-Mogol scelta per la serata del giovedì ha una storia singolare: scritta nel 1968 per La Ragazza 77 (al secolo Ambra Borelli) e pubblicata col titolo “Il paradiso della vita” non ottenne alcun successo in Italia.
Andò invece benissimo "(If paradise is) Half as nice", una cover inglese della canzone, eseguita dagli Amen Corner (con testo di Shel Talmy) che andò al numero uno della classifica inglese nel 1969; da lì la reimportò Patty Pravo che ne fece un successo in Italia col titolo “Il paradiso”. A Sanremo la riproporrà Emma Marrone con Gary Go.
La seconda delle canzoni di Battisti-Mogol, “To feel in love”, non è certamente stata un successo all’estero. In Italia, col titolo originale (“Amarsi un po’”), era inclusa in “Io tu noi tutti”, l’album del 1977. Battisti la cantò in inglese nello sfortunato album “Images” (del quale era il brano di apertura) i cui testi inglesi erano di Peter Powell. E non risulta che nessuno l’abbia mai registrata all’estero.