Conoscete ormai la mia propensione per i libri di argomento musicale che scelgono un approccio storico, e il mio leggero fastidio per la storia della musica raccontata come fosse una fiction.
Federico Scarioni, per mettere in pagina la storia di Omar Pedrini e delle sue tre vite (finora), ha scelto una formula originale, che mi ha prima incuriosito e poi soddisfatto. Ha scelto la narrazione in prima persona, e ha raccontato la storia della scrittura medesima di questo libro, facendone una sorta di road movie del quale l’io narrante è Scarioni, e le sue avventure sono quelle connesse alla ricerca di testimoni oculari dei vari momenti della vita e della carriera di Omar. Il quale, anche lui, entra in scena a un certo punto, poi sparisce, poi di nuovo ricompare, improntando di sé e delle sue parole buona parte del volume, ma lasciando molto spazio alle memorie, ai ricordi e ai racconti di chi ha incrociato, e non solo in passato, la vita dell’ex Timoria, quella del “gnàro” bresciano, dell’ultras delle Rondinelle, del giovane musicista in erba, e così via, in un continuo gioco di rimandi avanti e indietro nel tempo e nei luoghi che – benché l’artificio letterario sia evidente – riesce molto bene a catturare il lettore: anche un lettore difficile come me, che affronta i libri con la matita rossa e blu, e che conosce molto bene l’uomo e l’artista biografato (o meglio: credeva di conoscerlo molto bene, perché parecchie delle cose che ho letto qui non le sapevo – eppure di Omar mi considero il papà putativo...).
Un ampio corredo fotografico arricchisce il volume, sul quale il mio giudizio è davvero positivo (e non perché sono fra gli intervistati: anzi, questo avrebbe potuto rendermi più severo del giusto). Alcune imprecisioni causate dalla fretta di “chiudere” il libro saranno corrette nella seconda edizione, che auguro imminente.
Franco Zanetti