Alberto Salerno - FARE CANZONI - la recensione

Recensione del 14 mar 2016

Voto 6/10
Raccontare la storia della canzone italiana significa anche raccontare la storia delle persone che l’hanno fatta, quella storia. E Alberto Salerno, autore di canzoni e produttore di cantanti, è una di quelle persone.

Raccontare la storia di Alberto Salerno non è difficile: ha fatto così tante cose, ha scritto così tante canzoni, ha incontrato e conosciuto e avuto a che fare con così tante persone che basta accendere un registratore, farlo cominciare a parlare e guidarne il flusso dei ricordi, e ti ritrovi fra le mani il materiale per un libro molto interessante e molto divertente (perché quando Alberto Salerno racconta fra amici gli aneddoti della sua vita è uno spasso, lo garantisco personalmente).

Poi c’è un problema, però. Il mercato potenziale di un libro in cui Alberto Salerno racconta la storia della sua vita e della sua carriera è decisamente ridotto: non perché Salerno non sia un personaggio interessante (oh, ha scritto canzoni come “Io vagabondo” dei Nomadi, “Terra promessa” di Eros Ramazzotti e “Lei verrà” di Mango, per dirne solo tre), ma perché gli appassionati della storia della canzone italiana sono pochi e non costituiscono una garanzia di rientro delle spese di realizzazione, edizione, stampa e distribuzione di un libro che racconta un pezzo di quella storia. Sicché succede che finito di leggere questo libro sei insoddisfatto: ti chiedi come mai certi argomenti non sono stati approfonditi, certi incontri non sono stati raccontati più ampiamente, certi personaggi non sono stati descritti più minuziosamente.


E ti rispondi, se sei uno che conosce minimamente il mercato dell’editoria: perché il libro Salerno se l’è dovuto scrivere da solo, e pur essendo uno che sa scrivere non è uno scrittore di libri; perché gli avranno detto di non scrivere più di tot cartelle, altrimenti il libro avrebbe avuto troppe pagine e sarebbe costato troppo; perché l’editore, una volta ricevuto il libro così come l’aveva scritto Salerno, non ha avuto la voglia o i soldi per affidarlo a un editor che lo rivedesse, suggerisse i capitoli da ampliare e gli episodi da sviluppare e i protagonisti da tratteggiare più dettagliatamente. Così poi ti dispiace di scrivere, come sto scrivendo, che il libro di Alberto Salerno è una buona occasione che non ci si è giocati al meglio. Ed è un peccato.
(fz)

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