Paul di’Anno - LA BESTIA - la recensione

Recensione del 30 nov 2015

Voto 6/10
Di’Anno è – come tutti sanno – il frontman della formazione con cui gli ormai colossali Iron Maiden esordirono sul mercato discografico: con lui alla voce la band pubblicò i primi due album, quelli che gettarono le fondamenta per la leggenda. Poi, nel 1981, le loro strade si separarono (ovviamente le campane sono molto diverse, a seconda di chi racconta la storia: per i Maiden fu cacciato a causa degli eccessi e delle performance calanti, ma lui sostiene di essersene andato per divergenze artistiche)... nonostante questo per molti fan, Di’Anno resta LA voce degli Iron Maiden. Con lui, in effetti, la band aveva un sound più ruvido, più punk – rispetto alla direzione intrapresa con l’avvento di Bruce Dickinson.


Questo volume autobiografico vorrebbe essere la storia della vita di Di’Anno raccontata da Di’Anno. E qui si annidano, al contempo, il punto di forza del libro e la sua più grande debolezza. La forza di “La bestia” sta nell’esuberanza, la sbruffoneria portata a livelli di eccellenza, la continua reiterazione di una mitologia rock’n’roll fatta di montagne di coca, ettolitri di Jack Daniel’s e overdose di sesso. Sempre e comunque, in ogni situazione, in ottemperanza a un imperativo categorico per cui il troppo non è mai troppo. E in effetti gli aneddoti divertenti non mancano.
Ma proprio qui casca – visto che siamo in tema di “bestie” – il proverbiale asino. Perché fondamentalmente Di’Anno gestisce il suo racconto in maniera piuttosto grezza, seguendo uno schema che più o meno si può riassumere così: in ogni pagina devono esserci almeno un paio di risse, un paio di avventure sessuali e la menzione del fatto che lui si è sposato innumerevoli volte mandando tutto a puttane; un paio di sbronze da primato, almeno un accenno ad armi tipo pistole, coltelli o anche solo bottiglie rotte utilizzate per menar colpi; poi, come minimo, un paio di sottolineature del fatto che Di’Anno ha sempre avuto un sacco di soldi (e le mani bucate) e – per finire – la reiterazione del concetto per cui la sua musica è eccezionale e le sue band post Iron Maiden sono tutte state sul punto di diventare “il gruppo heavy metal più importante del mondo”.


Insomma, il quadro è chiaro. Abbiamo tutti il classico amico contapalle, simpaticissimo e caro, che spara cavolate sempre più grosse, alza di continuo l’asticella del misuratore di balle per sentirsi al centro dell’attenzione. E Paul è uno dei massimi esponenti viventi di questa categoria, alla luce del suo libro. Dopo la prima ventina di pagine i confini fra “tavanata galattica” (tanto per citare un Ezio Greggio vintage) e realtà – o semplice memoria – diventa labilissimo. E verso metà libro tutto diviene molto ripetitivo.
Difetta, poi, un vero sguardo musicale approfondito – come se il rock fosse solo un orpello, un di più, qualcosa di scontato nella vita di Di’Anno, professione bevitore, scopatore, sniffatore di coca, picchiatore e divorziatore. E questa è forse la mancanza più grave di questa storia. Di Paul ci interessano gli exploit da animale fino a un certo punto... in realtà vorremmo leggere di più degli Iron e delle sue band posteriori: argomenti soffocati in un turbine di polveri, groupie compiacenti, bevute da gigante e risse insensate. Tutto divertente, ma trascinato per quasi 250 pagine arriva presto ad annoiare.


(Andrea Valentini)

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