Charlie Cinelli e Stefano Soggetti - IL CHARLIE - la recensione

Recensione del 05 gen 2015 a cura di Franco Zanetti

Voto 8/10
Charlie Cinelli è un caso a sé. E’ il caso di un bresciano che è diventato profeta in patria, cosa che di solito non capita - e ai bresciani ancora meno. E’ un musicista valido e completo che ha fatto un bel po’ di strada, in tutti i sensi, in Italia e all’estero, prima di decidere di fermarsi dove era nato e di coltivare il proprio orticello operando dalla casa natìa (proprio dalla casa, intendo, perché Cinelli è della generazione di quelli nati in casa grazie alla “levatrice” – cioè all’ostetrica). Ha studiato la sua – che è anche mia – lingua madre, prima adattandola al rock, poi utilizzandola per dare musica alla voce al massimo poeta bresciano (Angelo Canossi). Ed è spessissimo sui palchi della città e della provincia, molto amato e molto rispettato, e se lo merita. L’ho messo e visto alla prova prima di Natale, quando gli ho chiesto se se la sentiva di scrivere in dialetto il testo di “Do they know it’s Christmas”, la canzone dei Band Aid: ne ha fatto una traduzione praticamente letterale, in metrica inappuntabile, e ci ha impiegato mezza giornata. Un fenomeno.

In questo libro si racconta con leggerezza e autoironia (“breve storia della mia vita, dall’infanzia all’immaturità”), senza mai scadere nell’autocelebrazione e nella vanteria, pur avendo in curriculum collaborazioni con nomi di lusso (Riccardo Cocciante, Renato Zero, Ornella Vanoni, Mina, Zucchero). Ce ne fossero, come Charlie Cinelli...
(Franco Zanetti)

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