Ovviamente, in cima agli elenchi dei nomi per i quali “si va sul sicuro” ci sono i morti famosi (Fabrizio De André, Lucio Battisti...) e qualche famoso vivente, Vasco Rossi fra i primi. Una regola applicativa del marketing, nel caso che stiamo trattando, è la seguente: laddove esiste un’ampia pubblicistica agiografica su un personaggio, è mossa astuta andare in controtendenza e pubblicare un libro in cui se ne parla male, o comunque lo si critica. La ragione? I fan sdegnati si mobilitano, scatenano proteste via Internet, e il libro ottiene una visibilità immediata – poca spesa e molta resa.
Ora: questo è quanto è successo finora con “Vasco, il male”, che già solo grazie al titolo e alle prime reazioni suscitate è addirittura riuscito ad ottenere un intervento personale dell’intestatario del libro. Cito dal comunicato stampa emanato ad hoc:
“Dalla sua pagina Facebook il rocker se la prende con Talanca e Alfieri, definendo il loro ‘uno studio che vorrebbe essere serio, ma che in realtà dice delle tali idiozie, attraverso ragionamenti logici che partono da premesse completamente sbagliate, (che) giunge a conclusioni assurde e senza senso’. I commenti dei fan in difesa del Blasco non si sono fatti attendere, così come la replica di uno dei due autori, Paolo Talanca, il quale si è difeso sulle pagine del quotidiano abruzzese ‘Il Centro’: ‘Tutto quello che c’è scritto nel libro è ampiamente motivato. Si può non essere d’accordo col metodo o persino con assunti e conclusioni, ma se si mette in discussione la buonafede non ci sto. Soprattutto se questa viene messa in discussione da chi il libro non lo ha letto’.
Fin qui la premessa. A quel punto ho chiesto di poter leggere il libro, che gentilmente mi è stato subito inviato. L’ho letto – non sistematicamente, lo ammetto, e me ne dispiaccio, ma spiegherò il perché – e sono qui a riferirvene.
L’opera di Alfieri e Talanca è di quelle alle quali io non sono in grado di accostarmi.
Evidentemente i due autori utilizzano strumenti di analisi troppo raffinati per le mie capacità di comprensione (o, per non essere troppo autocritico: per comprendere e assimilare i quali dovrei essere particolarmente motivato e disporre di molto tempo). In altre parole, leggere questo libro è troppo faticoso e impegnativo – per me, dico. E infatti più volte, “assaggiandone” delle pagine, mi è capitato di rimpiangere Edmondo Berselli, uno che scriveva cose profondissime con un linguaggio semplice e divertente, e cose semplici e divertenti con un linguaggio profondo. Una scrittura miracolosa, e ineguagliata (e forse ineguagliabile). Di conseguenza, non mi sento proprio in grado di fornire una valutazione credibile di “Vasco, il male”- e infatti l’ho lasciato senza voto.
Franco Zanetti