Arisa - IL PARADISO NON È UN GRANCHÉ - la recensione

Recensione del 14 feb 2012 a cura di Franco Zanetti

Voto 6/10
La mia amica Arisa è una donna sorprendente.
Dico subito che è mia amica non per fare il ganassa, ma per mettere le mani avanti prima che qualcuno sorrida saputello e commenti “per forza ne dice bene, si conoscono da tanto tempo”.

“Sorprendente” significa proprio che nel tanto tempo passato da quando ci siamo conosciuti le ho visto fare (e bene) cose che non m’aspettavo – ad esempio, per stare nel suo specifico, cantare canzoni di altri nel programma televisivo di Victoria Cabello (peccato che non sia mai uscito il disco con quelle interpretazioni) o duettare a Sanremo con le Sorelle Marinetti. E significa, adesso, rendersi conto che ha scritto un libro che non mi aspettavo da lei – non perché ne sottovaluti l’eclettismo, ma perché scrivere un libro è complicato e difficile, e altri personaggi della canzone che ci hanno provato prima di lei non sono riusciti ad ottenere risultati apprezzabili.
“Il paradiso non è un granché” è, se mi passate l’espressione, una sorta di docu-fiction: nel senso che i riferimenti all’industria musicale, e più in generale alla professione dell’autrice, e del personaggio di Marisa che in qualche modo l’adombra, sono credibili benché non propriamente veritieri (e comunque corrispondono, ma non sono sovrapponibili, ad esperienze realmente vissute da Arisa). Però, appunto, il libro è un romanzo, perché è ben lontano dall’essere un’autobiografia. Anzi, la mia difficoltà, leggendolo, è stata proprio quella di tenere ben separata la persona Arisa che conosco dal personaggio Marisa che si racconta nel libro.

Ora, è chiaro che il valore aggiunto di “Il paradiso non è un granché” sta, dal punto di vista commerciale, proprio nel nome dell’autrice; e che probabilmente se questo libro fosse stato scritto da una sconosciuta avrebbe avuto qualche difficoltà in più a far parlare e scrivere di sé.
Ma leggerlo non è tempo sprecato, anzi. Intanto è ben scritto, con un linguaggio colloquiale e quotidiano ma non privo di qualità lessicali e di qualche raffinatezza linguistica; poi sa coinvolgere il lettore e farlo appassionare alla narrazione; infine è ben costruito, con il suo gioco di rimandi e i diversi piani di lettura. Quel che trovo pleonastico, non me ne voglia l’autrice, sono le pagine in cui dà spazio all’alter ego Penelope – ne capisco la funzione, ma mi sono parse un po’ disconnesse dal flusso narrativo.
Resta il fatto che, terminata la lettura, si ha ancora voglia di sapere cosa accadrà a Marisa nel prosieguo della sua vicenda professionale e umana; il che significa che Arisa ha saputo coinvolgere il lettore e farlo partecipare emotivamente.
A quando, dunque, il seguito?
(Franco Zanetti)

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