Maurizio Targa - L’IMPORTANTE È PROIBIRE - la recensione

Recensione del 28 set 2011 a cura di Franco Zanetti

Voto 4/10
L’argomento è solleticante, ed è già stato spesso esplorato in passato: lo enuncia il sottotitolo, “tutto quello che la censura ha vietato nelle canzoni”. Maurizio Targa è un collaboratore di hitparadeitalia.it, e per questo volumetto amplia un suo saggio già comparso sul sito (http://www.hitparadeitalia.it/mono/censura.htm). Michele Bovi, nella prefazione, si sbilancia fino a dichiarare che questo libro “appare come la sistemazione definitiva del tema” – e Bovi è uomo d’onore, del quale ci si può fidare. In effetti, la quantità di informazioni raccolta da Targa è imponente – ma certo non completissima, né lo si poteva pretendere. Quello che invece, secondo me, si poteva pretendere era che in un libro che parla, sostanzialmente, di testi di canzoni, le citazioni dei testi (e dei titoli delle canzoni) fossero sempre inattaccabili.

E invece: a pagina 15, per dire, parlando di “Teresa” di Sergio Endrigo, la citazione “per te non sono stato il primo e neanche l’ultimo lo sai” è sbagliata (quella corretta è “per te non sono stato il primo, nemmeno l’ultimo lo sai”). A pagina 20, a proposito dei Giganti è sbagliato il titolo “Mettete dei fiori nei vostri cannoni” (no: il titolo era “Proposta” - e sarebbe stato utile segnalare che il titolo “Proposta” era la conseguenza di un intervento censorio, dato che il titolo originario era “Protesta”).
A pagina 86 - questa è una minuzia - nella citazione del testo di “Dio è morto” di Guccini/Nomadi la frase “Dio è morto nei bordi delle strade” correttamente sarebbe “ai bordi delle strade”.
Molto più grave (pagina 17) il pasticcio a proposito di “Per fare un uomo”, sempre di Guccini/Nomadi: Targa scrive che si dovette sostituire la frase “Per fare un uomo ci voglion vent’anni / per fare un bimbo un attimo d’amore” - una frase inesistente in nessuna delle due versioni del testo - con la frase “per fare un uomo ci voglion vent’anni / per fare un bimbo un’ora d’amore”. No: la frase censurata era invece proprio questa, “Per fare un uomo ci voglion vent’anni / per fare un bimbo un’ora d’amore”, che divenne “per fare un uomo ci voglion vent’anni / per farlo vero un istante d’amore”.

A pagina 33, riassumendo la storia narrata in “Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers” di Fabrizio De André, si scrive che “è la storia di re Carlo che, tornato dalla guerra contro i Mori, si accorge di aver perso la chiave della cintura di castità della moglie”. Totalmente inventato. Re Carlo dice, sì, “chi poi impone alla sposa... di castità la cintura... in battaglia può correre il rischio di perder la chiave”, ma non è questa la causa del suo ardore nei confronti della pulzella che si bagna alla fonte, bensì “il digiuno” (dato che “la guerra... non ti concede un momento per fare all’amore”), che potè “più dell’onor”. E De André è spesso, nel libro, scritto con l’accento sbagliato (“De Andrè”) – stessa cosa per Loredana Berté che diventa Bertè.
Lo so, sono quisquilie, pinzillacchere, ma per chi si occupa di canzoni e cantanti i dettagli contano.
Non sono dettagli invece le invenzioni prive di fondamento.
A pagina 53, a proposito di Mina, Targa sostiene che la canzone più censurata della storia è “Ta-ra-ta-ta” di Mina, secondo lui a causa del testo - “un inno al fumo”, e afferma: “la canzone non compare nelle antologie di Mina, non è inclusa fra i suoi brani disponibili su iTunes e se ne trovano difficilmente notizie”. Tutte balle. La canzone compare non solo in due album dell’epoca della sua pubblicazione, che sono “4 anni di successi” (Ri-Fi 1966) e “Studio Uno 66” (Ri-Fi 1966), ristampati entrambi nel 1999 sia in Cd sia in vinile dalla Steamroller, ma anche in numerose compilation, fra le quali (l’elenco non è completo) “Mina Gold” (Carosello 1998), “Se telefonando...” (Universal 2003), “Tutto Mina - Le origini” (Warner 2006), “I grandi successi” (Warner 2008), “Mina The Album” (Halidon 2008). Non è in vendita su iTunes, ma questo è semmai un problema dell’etichetta che ne detiene i diritti (la questione dei diritti delle canzoni di Mina, la cui produzione è divisa in tre periodi – Italdisc, Ri-Fi e PDU – è ampia e complessa, troppo per spiegarla qui: ma è da escludere che “Ta-ra-ta-ta” non sia in vendita su iTunes perché è “un inno al fumo” – della pipa, peraltro).

Insomma. Lo so che faccio sempre la figura del rompicoglioni, ma quando si creano aspettative alte bisogna saperle soddisfare. E il libro di Targa, che pure (ripeto) contiene una tonnellata di informazioni e di curiosità organizzate per capitoli tematici, pecca di quell’accuratezza e di quella precisione che a me piace trovare nei libri che affrontano la storia della musica leggera. Il che non toglie che meriti comunque l’acquisto e la lettura, s’intende. Ma lascia un piccolo fastidio, che sarebbe stato evitabile con un po’ più di cura editoriale.
(Franco Zanetti)

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