La parola musicale è fatta per essere cantata, adagiata su un tappeto sonoro che ne detta tempi e modi. E' fatta per essere interpretata. Però, è vero, può essere separata dalla sua compagne, la musica e l'interpretazione. Questo per dire che "Prove tecniche di resurrezione", raccolta "aumentata" di liriche di Massimo Zamboni (Ex-CCCP e CSI, c'è bisogno di ricordarlo) ha un senso, al di là di queste considerazioni iniziali.
"Prove tecniche di resurrezione" esce infatti in una collana di poesia, e raccoglie i testi dei tre dischi solisti del chitarrista. Ma in versione aumentata, appunto: con intermezzi, aggiunte, prose. Che danno alla raccolta una coerenza e una struttura che vanno oltre la raccolta di testi. Zamboni, dopo la separazione dai suoi gruppi, ha ricostruito il suo percorso musicale dalla parola scritta, e solo dopo è tornato alla musica, quando aveva capito di aver trovato una sua poetica, una sua "voce". Una voce che qua si legge benissimo: lucida, secca, quasi spietata ma mai autoindulgente nel riconoscere quello che lo stesso Zamboni, nella premessa del libro chiama "un affannato e stupido percorso di dolore compiuto attraverso le liriche delle canzoni che compongono i tre album (...), ai quali si aggiungono testi narrati per espandere la necessità della resurrezione al di fuori da personalismi sterili". (gs)