Larry Kane l’affronta intrepido, forte di una posizione di privilegio: quella di essere stato l’unico giornalista americano autorizzato a viaggiare con i Beatles durante i tour statunitensi del 1964 e 1965. In realtà aveva già raccontato quell’esperienza nel divertente “Ticket to ride” (2003), e quando, due anni più tardi, scriverà “Lennon revealed” - è il titolo originario: questa è la prima traduzione italiana, ed esce cogliendo l’attimo delle (sotto molti punti di vista) malinconiche celebrazioni-rievocazioni di John Lennon - ne ripescherà ampi squarci ampliando e integrando la materia già presentata nel libro precedente.
Il lavoro di Kane è molto americano: nel senso che non ha nulla dell’acribìa persin tignosa di certi storici della canzone britannici o europei, ma procede più liberamente sul filo di ricordi personali o altrui (raccolti quasi sempre di prima mano: si parla di un centinaio di interviste), integrando, dove non gli è possibile, con ipotesi interpretative che possono o meno essere condivise dal lettore, ma che a lui sono funzionali per raggiungere il suo scopo. Che è, senza troppi infingimenti, erigere un ennesimo monumento a John Lennon. Qui si potrebbe discutere a lungo se sia giusto e onesto dire sempre bene dei morti - personalmente non lo credo, di conseguenza m’infastidisce sempre un po’ l’elevazione agli altari di chi se n’è andato a miglior vita (“funzionario integerrimo... marito devoto... padre esemplare...” e via mentendo).
(fz)
PS Bisognerebbe dire a Larry Kane che, se ha parlato con Derek Taylor nel 2004 - come sostiene a pagina 196 - probabilmente non l’ha fatto “al telefono”, ma attraverso un tavolino a tre zampe o una medium: Derek Taylor è morto nel 1997.