Larry Kane - JOHN LENNON - la recensione

Recensione del 03 nov 2010

“Questo libro vuole... rivelare John come essere umano, non solamente come mito (...) scoprire la vera persona attraverso le testimonianze e i ricordi di chi lo ha conosciuto”. “M’hai detto un pròspero!”, esclamerebbe Leone Ciprelli, autore della canzone così intitolata oltre che della ben più nota “Nannì (‘na gita a li Castelli)”. Cioè: càspita, non è un’impresa da poco.

Larry Kane l’affronta intrepido, forte di una posizione di privilegio: quella di essere stato l’unico giornalista americano autorizzato a viaggiare con i Beatles durante i tour statunitensi del 1964 e 1965. In realtà aveva già raccontato quell’esperienza nel divertente “Ticket to ride” (2003), e quando, due anni più tardi, scriverà “Lennon revealed” - è il titolo originario: questa è la prima traduzione italiana, ed esce cogliendo l’attimo delle (sotto molti punti di vista) malinconiche celebrazioni-rievocazioni di John Lennon - ne ripescherà ampi squarci ampliando e integrando la materia già presentata nel libro precedente.
Il lavoro di Kane è molto americano: nel senso che non ha nulla dell’acribìa persin tignosa di certi storici della canzone britannici o europei, ma procede più liberamente sul filo di ricordi personali o altrui (raccolti quasi sempre di prima mano: si parla di un centinaio di interviste), integrando, dove non gli è possibile, con ipotesi interpretative che possono o meno essere condivise dal lettore, ma che a lui sono funzionali per raggiungere il suo scopo. Che è, senza troppi infingimenti, erigere un ennesimo monumento a John Lennon. Qui si potrebbe discutere a lungo se sia giusto e onesto dire sempre bene dei morti - personalmente non lo credo, di conseguenza m’infastidisce sempre un po’ l’elevazione agli altari di chi se n’è andato a miglior vita (“funzionario integerrimo... marito devoto... padre esemplare...” e via mentendo).
Sta di fatto, comunque, che per un beatlesiano minimamente documentato in questo libro non c’è praticamente nulla di inedito, tranne le considerazioni etiche e psicologiche di Kane, delle quali, insomma, come dire, si potrebbe anche fare a meno. Però ho la sensazione che la lettura di questa “vera storia di un genio frainteso” (il sottotitolo è un’aggiunta dell’edizione italiana, dalla quale è invece stato fatto sparire il DVD con un’intervista a Lennon e McCartney che impreziosiva l’edizione americana) possa essere interessante soprattutto per coloro che sono interessati non tanto al Lennon musicista, quanto al Lennon iconico - intellettuale, pacifista, perseguitato politico - che ci affligge mediaticamente dal 1980: il Lennon di “Imagine” diventata un giulebbe buono per tutte le stagioni, il Lennon con la maglietta New York City, il Lennon della (insopportabile) copertina di “Double fantasy” - che mi ha sempre fatto pensare all’alito cattivo. A me, chissà perché, continua a interessare di più un altro Lennon - magari quello che si appiccicava un assorbente in fronte: meno santo, più coglione (come gli disse quella volta nel 1974 la cameriera del Troubadour di Los Angeles), ma infinitamente più divertente.
(fz)

PS Bisognerebbe dire a Larry Kane che, se ha parlato con Derek Taylor nel 2004 - come sostiene a pagina 196 - probabilmente non l’ha fatto “al telefono”, ma attraverso un tavolino a tre zampe o una medium: Derek Taylor è morto nel 1997.

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