David Byrne - DIARI DELLA BICICLETTA - la recensione

Recensione del 07 set 2010

Non solo Jovanotti, non solo i Kraftwerk; anche David Byrne è un fan della bici. Non da sportivo o dilettante accanito, però; piuttosto con lo spirito di chi ha trovato nella due ruote (pieghevole) un efficace compagno di tournée, per potersi spostare all'interno e negli immediati dintorni delle città in cui si trova per ragioni professionali. Questi “Diari” sono un po' quaderni di appunti, un po' riflessioni di viaggio: non sistematici, semmai guidati dalla stessa serendipity con cui Byrne sale sul sellino e percorre le vie del mondo. Ovvio che il leader dei Talking Heads, essendo quel che è (un intellettuale prestato al rock) non scriva banali “cartoline”, ma dia spazio a riflessioni sociali e politiche, per fortuna senza dimenticare di parlare spesso anche di musica e di musiche del mondo. Per valutare l'attendibilità delle divagazioni pedalatorie di Byrne bisognerebbe esserci stati, in America, a Berlino, a Istanbul, a Buenos Aires, a Manila, a Sydney, a Londra, a San Francisco, a New York, e io non ci sono stato (tranne che a Londra, ma troppo brevemente). Di valutare, invece, la piacevolezza della lettura sono in grado: e vi avverto che questo non è un libro da leggere tutto di fila o tutto d'un fiato. E' invece il classico libro da comodino: un capitolo per sera, per addormentarsi con la soddisfazione di aver letto qualcosa di gradevolmente intelligente e abbastanza ecologista; insomma, di essere stati politically correct anche prima di piombare nel sonno.

(FZ)

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