Gigi Vesigna - VOX POPULI - la recensione

Recensione del 15 feb 2010 a cura di Franco Zanetti

Negli anni Ottanta della rinascita del Festival di Sanremo, diciamo quelli dopo il 1981 di “Per Elisa” di Alice, in sala stampa facevo circolare questo aforisma: “e mentre le giurie deliberano, Gigi designa”. Si riferiva, ovviamente, all’immenso potere della testata diretta (dal 1973 al 2004) da Gigi Vesigna, quel “Sorrisi e Canzoni” che faceva il bello e il cattivo tempo non solo a Sanremo, ma più in generale nell’industria discografica italiana, grazie ad un sistema di potere ramificatissimo e radicatissimo gestito in maniera spregiudicata ed efficiente. “Sorrisi e Canzoni” lanciava e stroncava carriere, decideva i vincitori delle manifestazioni canore, Sanremo in primis, e la sua dirigenza aveva - diciamo così, e chi vuol capire capisce, anche senza lettere maiuscole - le mani in ogni pasta: in RAI, in Fininvest (allora si chiamava ancora così), a Sanremo - e nell’Accademia di Sanremo, ma questa è una storia che riguarda la magistratura e non la musica. Questa premessa serve a spiegare il perché della mia profonda delusione. Quando ho saputo che Gigi Vesigna aveva scritto un libro sul Festival di Sanremo, ho pensato: finalmente racconterà tutto - tanto, che gli frega? l’8 febbraio ha compiuto 78 anni, che conseguenze gliene possono derivare? E invece. Pur scrivendo, a pagina 30, che la storia del Festival è “una collana di romanzi gialli in cui i colpevoli sono sempre molti, ma non vengono mai smascherati, anche se tutti conoscono i loro nomi”, Gigi Vesigna, che i nomi li conosce meglio di chiunque altro, non li fa. E con questo suo libro si limita a rimettere in fila le cinquantanove edizioni del Festival di Sanremo, sul filo della sua memoria ma senza rivelare, in sostanza, niente che non si sapesse già o che non fosse già stato scritto altrove. Anzi, semmai omettendo (o non ricordando: non voglio lasciar intendere volontà insabbiatrici) anche cose altrove scritte e documentate. In questo contesto, cioè nella delusione di non trovare le rivelazioni che mi aspettavo, e che legittimamente potevo aspettarmi, da un navigatissimo lupo di mare come Gigi Vesigna, la delusione è stata ulteriormente appesantita dal ritrovarmi fra le mani un libro pochissimo curato, in cui né i correttori di bozze né l’editor (ma c’era un editor?) hanno profuso il minimo sindacale di attenzione. Me ne sono accorto fin dall’inizio: a pagina 10 si parla di 40 canzoni iscritte al primo Festival, a pagina 11 di duecentoquaranta. A pagina 25, “Roma non fa’ la stupida stasera” (il titolo corretto è “Roma nun fa’...”: minuzie, ma contano, in un libro che parla di canzoni), e subito dopo una frase che non sta in piedi: “l’editore delle musiche della commedia di Garinei e Giovannini appartiene a Giuseppe Campi, l’editore del mio giornale”. A pagina 37: “aveva un bavero color zafferano, e la camicia color ciclamino”: no, ad essere di color ciclamino era la marsina. A pagina 44: “il protagonista di era Un omino” (ovviamente va letto “il protagonista di Era un omino”). A pagina 57: “Rock around the clock (il rock attorno all’orologio)”: no, vuol dire “Rock 24 ore su 24”. A pagina 59: “sono cifre oggi inimmaginabili... e rinvigorirebbero la crisi ormai cronica delle case discografiche”: è il contrario, “allevierebbero” la crisi. A pagina 64, a proposito di “Il Musichiere”, si parla del format USA “Know the tune?”: no, il programma statunitense si intitolava “Name that tune!” (e, oltretutto, “Know that tune?” non significa nulla). A pagina 65: “un gruppo di prigionieri cui i giapponesi assegnano alla costruzione di un ponte” (sintassi liberissima...), e più sotto “ma sarà un matrimonio a senso un unico”. Ecco, qui ho smesso di segnare gli errori. Ho fatto altri assaggi a campione, e ad ogni pagina aperta ho trovato almeno un refuso: a pagina 338 “La serta finale” anziché “La serata finale” e a pagina 339 “Bertolt Brecht” anziché “Bertold Brecht”; a pagina 397 “Il 6 gennaio muore a Parigi di Rudolf Nureiev” e, poco più sotto, “volèe” anziché “volé”. A pagina 467, “Gobaciov” anziché “Gorbaciov”. A pagina 624: “Mario Luzzatto Fegiz, spesso spitato giudice del Festival” (auspicabilmente s’intendeva “spietato”, e non “sputato”...). Insomma, il festival della sciatteria. Quindi: serviva questo libro? Fatto così, anche no. Servirebbe un libro che raccontasse dettagliatamente la storia di ogni edizione del Festival? Sì, è infatti c’è già, si intitola “Festival di Sanremo. Almanacco illustrato della canzone italiana”, l’ha scritto Eddy Anselmi, l’ha pubblicato Panini l’anno scorso e se ne annuncia l’aggiornamento per quest’anno (e costa anche meno di questo: 19,90 euro). Servirebbe un libro che raccontasse finalmente i retroscena del Festival di Sanremo facendo nomi e cognomi? Non so se servirebbe, ma mi piacerebbe leggerlo. E mi piacerebbe farlo scrivere a qualcuno che avesse la faccia di dire davvero tutto quello che sa (soldi sesso droga scambi di favori violenze e varia disumanità) del dietro le quinte del Festival, e mi piacerebbe curarne l’edizione. Accetto candidature. Anche, eventualmente, per curare una seconda edizione, riveduta corretta e ampliata, del libro di Gigi Vesigna. A patto che Gigi racconti davvero tutto quello che sa, e sa moltissimo. Ecco, ne uscirebbe un libro molto interessante, molto divertente, e anche molto utile. Quindi, siamo sicuri che non lo si farà. Peccato... (Franco Zanetti).

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