Bianca Pitzorno - GIUNI RUSSO - la recensione

Recensione del 09 nov 2009

De mortuis nihil nisi bonum, e va bene. Se poi si parla di Giuni Russo, figuriamoci se non sono pronto a dirne e a leggerne tutto il bene possibile. Ma qui se ne dice ‘solo’ bene: il che fa di questa biografia essenzialmente un’agiografia, e questo non mi piace molto.

Raccontando da incompetente dell’industria musicale – sia detto senza offesa, anzi – la vita e le opere di Giuni Russo, l’autrice rende al meglio quando ricorda il privato dell’amica; pasticcia un po’ quando affronta la carriera della cantante, tratteggiandola come una eterna vittima del Moloch discografico. Ora, è indubbio che Giuni sia stata molto maltrattata dalla discografia (e dalla stampa) italiana; ma non è il caso di farne una martire, soprattutto non è il caso di farlo con un approccio così parziale e così sbilanciato. Anche perché, nella foga, si rischia non solo di dimenticare molte cose, e di generalizzare; ma anche di commettere degli errori.
Il più grave, quasi un autogol, riguarda la questione del contratto discografico con la CGD. Dedicando tre pagine ad una scandalizzata disamina di questo contratto, l’autrice insiste su una clausola vessatoria (l’articolo 20) e scrive: “Solo l’inesperienza e l’ingenuità di Giuni…il suo sollievo nell’aver finalmente trovato un approdo… possono giustificare la sua accettazione di un simile capestro”. Però poi, nell’ansia dimostrativa, la Pitzorno pubblica il contratto per intero: e nella sesta pagina del contratto – pagina 272 del libro – si legge chiaramente che l’articolo 20 (come altri tre) è “totalmente cancellato”.

Non sto qui a puntualizzare tutte le altre inesattezze (come la ripetuta affermazione che “Alghero” abbia venduto quanto “Un’estate al mare”, o che Stefano Senardi e Tino Silvestri fossero - alla Warner, nel 1991 - “persone nuove e del tutto estranee rispetto all’antico staff degli anni Sugar”, o l’imbarazzante passaggio di pagina 31: “In Italia in quegli anni fiorivano i gruppi: i Giganti, i Beach Boys, Los Bravos. Giusy però preferiva gli stranieri…”); il bello del libro sta, come già detto, nell’affettuosissimo racconto degli anni giovanili di Giuni Russo, allora ancora Giuseppa Romeo. Ecco, magari si sarebbe dovuto affiancare alla Pitzorno un editor con qualche competenza musicale, che avrebbe evitato certi scivoloni.
Al libro sono allegati un Cd con cinque demo di canzoni e una registrazione live di “Pekino”, e il DVD del docufilm “La sua figura”, curato da Franco Battiato (che firma una breve nota, 15 righe,in apertura del volume).
(fz)

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