Grande l’intuizione del Guardian che, in occasione del tour mondiale dei Franz Ferdinand (partito alla fine del 2005 e lungo un paio d’anni e un paio di volte e mezzo il giro del mondo), gli ha affidato una rubrica, da noi pubblicata dall’Internazionale, che ha originato una raccolta di articoli confluita in questo volumetto (titolo originale: “Sound bites”).
Ora, non definirei Kapranos un gourmet, ma qui è la sua passione in materia culinaria a fare la differenza. L’artista si è guardato bene dallo scrivere una sequela di recensioni; ha osservato e raccontato, invece, guidato sempre dall’attenzione per il luogo, per il personaggio che lo abitava in quel momento e per la sua esperienza con il cibo. Il personaggio non era sempre l’autore, si intende; era uno dei suoi compagni di viaggio e di band, o il cameriere, lo chef, il vicino di tavolo. E lo spunto non era la cucina, ma il viaggio. Niente stellette, forchette e punti. Tappe del tour e papille gustative, semmai, per una guida assolutamente soggettiva e poco pratica, ma molto divertente e anche un po’ poetica, particolare come l’esperienza che l’ha generata.
“Rock restaurant” è un divertissment, una collezione di polaroid in solo testo. Sofisticato nel gusto per il diverso e per l’originale, popolare come la scelta super democratica dei piatti da degustare e dei ristoranti da visitare, che spaziano dal Rossini (l’hamburger deluxe di Anthony Bourdain, noto chef di “Kitchen confidential”) alla ciambella della colazione del Peter Pan a Brooklyn (la garanzia di qualità: il preferito dai poliziotti in servizio).
Kapranos, la rockstar che mangia rigorosamente ‘locale’ a ogni latitudine, alla fine regala un solo consiglio: niente musica nei ristoranti.