Ernesto Assante - COPIO, DUNQUE SONO - la recensione

Recensione del 17 dic 2008

Con i tempi che corrono, Ernesto Assante – storica firma musicale di Repubblica ma soprattutto, da anni, per lo stesso quotidiano, la figura di riferimento sul confine tra musica e tecnologia – avrebbe potuto sotto-titolare il suo libro “Disco inferno”, o “Dell’inferno del disco” (non della disco).

Ripercorrendo la storia dell’industria musicale dai suoi albori fino all’era digitale attuale, infatti, Assante traccia la parabola (fatalmente discendente) della discografia, alle prese con una crisi che prima non ha voluto riconoscere e che poi non ha potuto affrontare. Ma non è questo il focus del testo, bensì l’evoluzione del concetto stesso del dominio della copia alla luce della tecnologia che ha sconvolto i capisaldi del copyright, riducendo i brani in files e dissolvendo per sempre l’identificazione tra “musica” e “disco” (vinile o CD che fosse).
Il dominio della copia: il suo significato originario, le sue implicazioni filosofiche e legali, il suo senso culturale e, oggi, la sua obsolescenza. Ma, soprattutto, il ‘control shift’, ovvero il cambiamento degli equilibri di controllo che, dall’editore, si sono rapidamente spostati nelle mani del consumatore, dell’utente.
Parte manuale, parte libro di testo; un po’ saggio e, indirettamente, un po’ inchiesta, “Copio, dunque sono” ha il pregio di ricondurre nel recinto alcuni principi etici e industriali troppo spesso dati per scontati quando si parla di copyright e di music business e apre a una serie di scenari drammatici, eccitanti e ineluttabili. E, coerentemente, si acquista online…

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