Leonard Cohen - IL LIBRO DEL DESIDERIO - la recensione

Recensione del 24 apr 2007

“Chi può dire dove finisce il poeta e dove comincia il cantautore?”. Questa domanda riportata sulla copertina del libro in questione è tratta dal supplemento letterario del Times ed è uno di quei quesiti ai quali è davvero difficile dare una risposta. Soprattutto se si parla di artisti come Bob Dylan, il nostro Fabrizio De André o, appunto, di Leonard Cohen.

La carriera dell’artista canadese (Montreal, 1934) è infatti cominciata dapprima come scrittore con la pubblicazione di alcune raccolte di poesie e poi, trasferitosi in Grecia all’inizio degli anni Sessanta, con due romanzi: “Il gioco preferito” e “Belli e perdenti”. Ma è con i suoi primi album che Cohen ha raggiunto il successo che gli ha garantito la fama a livello mondiale, lavori come “Songs of Leonard Cohen” (1968), “Songs from a room” (1969) e “Songs of love and hate” (1971).
“Il libro del desiderio” è un ritorno alle origini, una raccolta di poesie e di illustrazioni alla quale l’artista canadese di origini ebree ha cominciato a lavorare più di dieci anni fa, durante il suo soggiorno presso il monastero Zen sul monte Baldy in California. La prima versione di questo volume è stata scritta tra il Golden State e l’India e, come ha accennato l’autore in un’intervista, “racconta in un certo senso il viaggio spirituale compiuto da un ebreo nel corso della sua vita”.
Nel corso della sua carriera Leonard Cohen ha dato alle stampe ben dodici album, l’ultimo dei quali, intitolato “Dear Heather”, è stato pubblicato nel 2004.

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