Legs McNeil e Gillian McCain - PLEASE KILL ME - la recensione

Recensione del 09 mag 2006

Chissà a chi l’ho prestata, la mia copia di “Please kill me” – un paperback Penguin che avevo comprato con curiosità, iniziato con qualche fatica e poi letto avidamente, diciamo otto-nove anni fa. A chiunque l’abbia prestata, non me l’ha mai restituita – la stessa fine ha fatto la mia copia di “England’s Dreaming” di Jon Savage (ma questo so a chi l’ho prestato, e un giorno o l’altro me lo farò ridare, da Elenoire). Comunque: buona l’idea di tradurlo finalmente in italiano, come per iniziare le celebrazioni del quarantennale del punk – che sono previste fra il 2006 e il 2007 – e buona l’idea di cambiare la copertina, usando stavolta una foto piuttosto arrapante di Iggy Pop e Debbie Harry.

Se “England’s Dreaming” è qualcosa a metà fra il saggio sociologico e l’inchiesta giornalistica (il che ne rende la lettura a volte faticosa, vista la densità concettuale del testo), “Please Kill Me” (sottotitolo originario: The Uncensored Oral History of Punk) è il frutto di cinquecento ore di interviste effettuate dagli autori – McNeil è stato cofondatore nel 1975 della fanzine “Punk”. Tutt’altro approccio, dunque, e tutt’altra facilità di lettura, benché lo spessore del tomo sia di quelli che possono intimidire. Naturalmente la prospettiva, come dire, geografica è del tutto diversa: concentrato sulla Gran Bretagna il libro di Savage, americanocentrico questo. E infatti ne sono protagonisti gli eroi del punk a stelle e strisce, dai Ramones a Iggy Pop, dai Television ai New York Dolls, da Richard Hell ai Dead Boys a (quasi) tutti gli altri, che si raccontano e vengono raccontati con grande freschezza e con grande libertà (sesso droghe e rock’n’roll, insomma, con un po’ di violenza e qualche morte prematura).
Il punk americano narrato praticamente in prima persona, dunque, con tutto quello che di positivo e di discutibile ci può essere nella formula adottata per la realizzazione del volume. Che si sarebbe giovato di un corredo iconografico più ricco (solo otto foto fuori testo), ma anche così è un libro di testo essenziale per la comprensione dell’epoca storico-musicale di cui è la corposa testimonianza.

(fz)
PS: ho cominciato a rileggere il libro nella traduzione italiana. Ho smesso a pagina 25 dopo questa frase: “Il loro batterista poi era completamente androgino”. “Il” batterista a cui ci si riferisce è Maureen Tucker, “la” batterista dei Velvet Underground. Se andate a leggere qui: http://www.rockol.it/news.php?idnews=52223 capirete come mi sono sentito...

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