Nick Mason - INSIDE OUT – LA PRIMA AUTOBIOGRAFIA DEI PINK FLOYD - la recensione

Recensione del 21 giu 2005

Un libro monumentale (nella quantità di testo scritto, nell’imponenza dell’apparato iconografico, nelle dimensioni e anche nel prezzo) era il minimo che ci si potesse aspettare da un gruppo che ha fatto della grandeur spettacolare uno dei suoi dogmi. Ma è solo un aspetto dell’opera, questa grandiosità di facciata: Nick Mason, il luogotenente sempre un passo indietro ai capitani del gruppo, bilancia col suo understatement l’esistenza iperbolica dei Pink Floyd, raccontando fatti, dati e date con asciutta precisione, grande generosità di aneddoti e impagabile disincanto britannico (e peccato che certe sottigliezze semantiche e certi giochi di parole si perdano nella traduzione): trattenuto appena da un prudente istinto autocensorio quando si tratta di raccontare fino in fondo storie piccanti (quasi assenti) o episodi che possano violare la privacy di qualcuno che potrebbe risentirsene e mettere in moto i suoi avvocati. Il bellissimo corredo fotografico, riprodotto meritevolmente per intero anche nell’edizione italiana, aiuta a raccontare una storia che è anche quella di ambienti ed epoche storiche diverse, i Sixties che di colpo esplodono di colori (con una memorabile galleria di personaggi, roadies inetti e fedifraghi, manager dai modi gangsteristici, apprendisti stregoni a loro modo genialoidi) e i tetri anni ’80, quando “quelli che avevano fatto tappezzeria ed erano stati tagliati fuori dal divertimento” fecero ritorno per consumare lentamente la loro vendetta. Gli appunti sui dischi e sui tour, le cronache di un’ascesa al successo fortemente desiderata ma quasi inavvertita nel suo svolgersi, servono a gettar luce nuova o a confermare quanto già si sapeva sui Magnifici Quattro (cinque, con Barrett), pregi e difetti sottolineati con l’evidenziatore di un salutare senso dell’humour. Mason, entusiasta della tecnologia e delle macchine, si sofferma spesso e volentieri sui dettagli tecnici, e per carattere inclina al tono leggero e da commedia anche se certi drammi (la caduta di Syd nell’oblio, la frattura tra Waters e Gilmour) vengono raccontati senza remore. Evita invece di addentrarsi troppo a fondo nei processi creativi che lo hanno sempre visto in posizione defilata rispetto ai “leader spirituali” della band: per questo bisognerebbe rivolgersi a loro, per questo quella di Mason resta, fin dal titolo, un’ “autobiografia” e non la storia “ufficiale” dei Pink Floyd. Che sarebbe comunque stata, c’è da giurarci, molto meno divertente e forse anche meno rivelatrice.

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