Barbara Victor - GODDESS - LA DEA - la recensione

Recensione del 23 gen 2002

Cosa può indurre una giornalista statunitense impegnata nel medio oriente a cambiare totalmente argomento per dedicarsi anima e corpo nella scrittura di una biografia non autorizzata di una nota star della musica mondiale, se non il fatto che questa stella non è altro che Madonna?

L’opportunità dev’essere sembrata davvero grossa a Barbara Victor, collaboratrice di Elle e The International Herald Tribune; tanto ghiotta da indurla ad esagerare un po’ i termini nella descrizione minuziosa della vita di una delle cantanti più importanti e durature del panorama musicale. Già dal titolo, “Goddes – La dea”, si intuisce il taglio “partigiano” del libro. Il volume si basa, più che sui soliti gossip, su fatti, documenti e interviste, riassemblati e riveduti con un taglio marcatamente filo-femminista.
Il racconto parte dalle riprese di “Evita”, il film che Madonna avrebbe sempre voluto recitare per “un legame cosmico che l’ha sempre unita all’eroina argentina”. Dopo il racconto delle vicissitudini legate al lungometraggio di Alan Parker, il lettore viene riportato all’infanzia della “figlia più bella dei Ciccone” (estenuante il preciso racconto di tutto l’albero genealogico della cantante). La signora Ritchie è eroicamente descritta come una ragazza cresciuta nelle difficoltà, che ha subito la perdita della madre, l’arrivo di una matrigna antipatica (come da copione), i mille sforzi per arrivare al successo, i provini, i mille tormentati amori, il dramma dell’aborto; un’eroina che, nonostante tutto, è riuscita ad emergere grazie alla sua tenacia e al suo “immenso” talento.

Il libro, nonostante alcune lungaggini, risalta per la maniacale precisione fondata da una lunghissima bibliografia e una fitta rete di interviste ad amici e parenti. Scarso invece il lato fotografico (anche se la copertina, a sorpresa, si trasforma in un poster) che raccoglie solo una decina di immagini, una per fase artistica, con ben due foto ricavate dalle esibizioni di Madonna al Festival di Sanremo (in una compare anche Pippo Baudo). Purtroppo, nonostante l’ineccepibile precisione storica, il libro perde lucidità nel continuo drappeggiare di elogi la figura della diva, tralasciando completamente il gusto ironico, frizzante, sarcastico e a volte maligno tipico delle biografie non autorizzate.

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